L’intervista. Mazza: incivile processo a Rachele Mussolini. Ora deve vergognarsi anche di sua nonna?
Prosegue il processo a Rachele Mussolini, colpevole di essere stata eletta al consiglio comunale di Roma, dove peraltro era già consigliere uscente. Il solito Tomaso Montanari in un tweet stigmatizza la difesa della Meloni nei suoi confronti: per lui è un orrore avere detto, come ha fatto Giorgia Meloni, che si tratta di una persona preparata e competente. Ecco – commenta Montanari – la solita Meloni “compiacente”. Ma compiacente rispetto a che cosa?
Ma andiamo avanti. Sulla Stampa oggi un editoriale polemico a firma di Mirella Serri torna ad accusare Rachele Mussolini. La quale non è “colpevole” solo del suo cognome ma anche del nome Rachele, anch’esso ricco di storia fascista. Che poi – scrive la Serri – Rachele Guidi Mussolini non era certo una mite e sottomessa moglie fedele. Ma una che appoggiava tutte le violenze fasciste, compresa la fucilazione del genero Galeazzo Ciano. Dunque sarebbe da rinnegare anche il nome Rachele e l’erede di cotanta fascista dovrebbe vergognarsi doppiamente: per il nonno e per la nonna.
Mauro Mazza, giornalista e scrittore che di recente ha dato alle stampe il romanzo Diario dell’ultima notte. Ciano-Mussolini, lo scontro finale (ed. Lepre), si dichiara basito per questo accanimento, per questo tentativo di “riscrivere la storia per vie parentali”, usando “una nipote per condannare la nonna”.
Montanari se la prende anche col cartello in cui Rachele Mussolini dice di festeggiare San Marco il 25 aprile…
Io chiederei a Montanari cosa fa invece lui il 10 febbraio, Giorno del Ricordo. Dedica un pensiero ai martiri delle foibe oppure se ne frega? Sarebbe interessante saperlo.
Torniamo a Rachele Mussolini. Si deve vergognare del nome e anche del cognome?
Io penso che se il dibattito politico e storico viene fatto sui cognomi dei nostri contemporanei non siamo più a livello di un Paese civile. Siamo addirittura al processo alle intenzioni degli elettori. Hanno votato una Mussolini perché fascisti e non perché magari la giudicavano capace, perché in consiglio comunale aveva dato buona prova. Ma il popolo sovrano dov’è andato a finire?
Eppure c’è stata una Mussolini in politica ben più famosa
Alessandra Mussolini da quando ha fatto Ballando con le stelle, da quando cioè ha scelto di tornare al suo ruolo di soubrette, schierandosi con l’ideologia gender, si è come redenta alla fonte battesimale della cultura egemone. Poi ricordo che un Mussolini, Caio Giulio Cesare, si presentò alle elezioni europee e quel cognome non funzionò. Quindi il cognome Mussolini non è necessariamente un passepartout elettorale. Ci dev’essere dell’altro. Ma non potendo dire che Rachele Mussolini è brava, perché così l’hanno giudicata gli elettori, ci si appiglia al suo cognome e alle sue battute sul 25 aprile. Ovviamente io credo che lei ci dovrà far sapere come la pensa sul fascismo, ma senza offrire una sponda adesso al clima di strumentalizzazione che si è costruito attorno a lei e a Fratelli d’Italia. Sono certo che lei lo farà anche se ora fa bene a sottrarsi a un interrogatorio strumentale.
E il personaggio di Donna Rachele è davvero così ingombrante da doversene vergognare?
Rachele fu una donna fedele al suo uomo Benito Mussolini. Lo conobbe e lo amò da socialista e da capo del fascismo. Lo seguì sempre quando ancora lui era un socialista che usciva e entrava dal carcere per le violente manifestazioni di piazza dove era in prima fila. Rachele fu una donna molto influente. E’ vero ciò che Mirella Serri sottolinea e cioè che non era certo solo una casalinga. Aveva una intelligenza, un intuito da contadina, che la induceva a dare suggerimenti anche forti al marito. Lo consigliò di non andare alla riunione del Gran Consiglio del 25 luglio e poi di essere intransigente con Galeazzo Ciano. Una figura rilevante di una storia tragica che smentisce anche l’opinione diffusa che le mogli all’epoca fossero solo casalinghe succubi dei mariti. Perché anzi Rachele aveva un suo pensiero e lo esponeva senza nessun riguardo per l’autorevolezza del marito quando lo riteneva necessario. Era tutt’altro che succube.