Omicidio Ziliani, il “triangolo diabolico” tra sesso, soldi e sangue: ecco chi sono i 3 presunti colpevoli
Dell’intricato giallo sull’omicidio di Laura Ziliani e sull’occultamento del suo cadavere. Sul movente che avrebbe mosso i tre presunti assassini della ex vigilessa 55enne scomparsa da Temù lo scorso 8 maggio e rivenuta cadavere 3 mesi dopo, l’8 agosto, sulle sponde del fiume Oglio, gli inquirenti procedono nonostante il silenzio in cui i tre sospettati si sono chiusi in cella. E allora, gli atti dell’inchiesta registrano il caso come omicidio volontario e occultamento di cadavere. Indicano nella motivazione economica la possibile ragione del delitto. E concentrano le accuse su quello che il gip di Brescia, Alessandra Sabatucci, non ha esitato a definire un «trio criminale»: quello composto dalle due figlie della vittima: Silvia e Paola Zani, in correità con Mirto Milani, il fidanzato della maggiore.
Omicidio Ziliani: presunti assassini, movente e disegno criminale
Le ricostruzioni dell’omicidio. Il ruolo che ciascuno dei tre potrebbe aver avuto nell’uccisione della donna e nel nascondere le sue spoglie. Il collegamento con un possibile movente economico, che partirebbe dal presupposto che gli assassini puntassero a impossessarsi dei beni immobiliari della donna, che ammontano a un valore di circa 3,5 milioni di euro, da poter gestire liberamente in modo da incassarne i proventi, sono le ipotesi che la procura ha formulato al termine di una lunga attività investigativa. Un lavoro durato mesi, che non ha tralasciato nulla: dalle intercettazioni all’analisi delle celle telefoniche. Passando per le testimonianze e gli esami autoptici e tossicologici sul corpo della vittima. Fino ai dubbi avanzati dalla figlia mezzana dell’ex vigilessa, Lucia Zani, affetta da «un lieve ritardo mentale». E alla quale, sarebbe spettata una parte di quella cospicua eredità materna, che le altre due figlie bramavano e che le avrebbe indotte al disegno criminale.
Omicidio Ziliani, un disegno criminale che lega «soldi, sesso e sangue»
Già, il disegno criminale appunto. E le sue artefici: è su questi due punti che si concentrano ora le attenzioni degli inquirenti, che un ampio ed esaustivo servizio de Il Giornale di oggi punta a definire e caratterizzare. «Chi sono davvero Silvia, Paola e Mirto? Cosa prevedeva realmente il loro progetto criminale? E ancora, dov’è finito il corpo di Laura per tre mesi?» si chiede il quotidiano diretto da Minzolini. La cronaca, per ora, circa i tre presunti assassini ha definito Silvia e Paola Zani «le sorelle assassine». E come ricorda Il Giornale: «La maggiore, Silvia, ha 29 anni e lavora come impiegata in un’agenzia di assicurazioni. L’altra, Paola, di anni ne ha 19 ed è iscritta al primo anno del corso di laurea di Economia e Commercio».
«Un triangolo diabolico»: ecco chi sono per la Procura e un criminologo i tre presunti assassini della ex vigilessa
Quanto al 27enne Mirto Milani, sappiano che è un lecchese trapiantato a Roncola San Bernardo (Bergamo). Che ha conseguito una laurea in Scienze Psicologiche e un diploma in musica al conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano. E, soprattutto, che in questa torbida vicenda di sangue, soldi e sesso, secondo il gip Alessandra Sabatucci, a capo dell’inchiesta, avrebbe svolto il ruolo di «manipolatore», in grado di condizionare ed eterodirigere la condotta delle due Zani. Una teoria che combacia con le convinzioni del criminologo Carmelo Lavorino interpellato dal quotidiano milanese, E secondo il quale: Mirto Milani sarebbe «al vertice di questo “triangolo diabolico”. Il “Deus ex machina” del progetto criminale. Alle due estremità inferiori ci sono invece le sorelle Zani: Silva e Paola. E poi c’è la vittima, che rappresenta il baricentro di questa geometria. Il punto di equilibrio tra i tre componenti di questo sodalizio infernale».
Le due sorelle definite due «bugiarde patologiche». Mirto Milani, invece, avrebbe agito nel ruolo di «manipolatore»
Del resto, se dovesse risultare provato quello che diversi criminologi hanno adombrato come qualcosa di più che un semplice dubbio. Ossia che le due donne di questa tragica vicenda, siano davvero «bugiarde patologiche», si spiegherebbe anche perché la lettura delle personalità di Silvia e Paola oscilli tra un ritratto reso da chi le conosceva, prima del delitto, come «due ragazze casa e chiesa». A chi, come la Procura, ha ricostruito di loro l’immagine di donne dai «torbidi segreti sessuali» che, scrive il quotidiano già citato, emergerebbero con la «presunta frequentazione online di siti per scambisti». E arriverebbero a concretizzarsi con l’ipotesi che Mirto si intrattenesse separatamente con entrambe le sorelle».
La dinamica dell’omicidio e i maldestri tentativi di depistaggio che hanno tradito il «triangolo diabolico»
Ecco perché, secondo il gip di Brescia Paola, Silvia e Mirto “potrebbero uccidere ancora“. Per questo motivo e a fronte di un pesantissimo carico probatorio, resteranno in carcere fino a giudizio. Ecco perché ila triangolazione di soldi, sesso e sangue ha mosso i tre presunti killer a pianificare l’omicidio dal movente economico. Un delitto pianificato, secondo gli inquirenti. Che le due sorelle avrebbe eseguito prima stordendo la vittima con le benzodiazepine. Poi soffocandola con un cuscino. E poi, abbandonando il corpo ormai privo di vita lungo le sponde del fiume Oglio, a tre mesi dalla denuncia di scomparsa. Uno sfregio finale che smaschera le finte lacrime dispensate negli altrettanto ingannevoli appelli tv. Un atteggiamento che, unito ai tanti errori commessi nel tentativo di depistare gli investigatori, le ha tradite e smascherate. E che, a detta degli inquirenti, potrebbe non aver ancora rivelato tutto…