Pensioni, Draghi archivia quota 100: torna l’incubo della Fornero. La Lega: «Inaccettabile»
Sulle pensioni ripiomba l’incubo del ritorno alla legge Fornero. Benché si parli di un ritorno “graduale”. La conferma è arrivata da Mario Draghi a conclusione del vertice europeo a Bruxelles: «Ho sempre detto che non condivido quota 100 e non verrà rinnovata. Ma ora occorre assicurare una gradualità nel passaggio a quella che era la normalità». E per “normalità”, come si legge sul Messaggero, il premier intende la pensione di vecchiaia a 67 anni come stabilito dalla legge Fornero. Per scongiurare il mega scalone si punta alla gradualità. «Ciò significa – scrive il quotidiano – che il presidente del Consiglio e il ministro dell’Economia Daniele Franco sono pronti a mediare, in vista del varo la prossima settimana della legge di bilancio. Ma sbarrano la strada, a dispetto delle richieste di Matteo Salvini, a qualsiasi ipotesi di rinnovo di quota 100».
Pensioni, il retroscena
Che cosa succederà allora? Il Messaggero svela un retroscena, «già nelle ultime ore, in una trattativa sotterranea tra palazzo Chigi, il Mef e gli sherpa dei partiti di maggioranza, lo schema di 102 e 104 è stato ritoccato. “Per rendere più graduale il superamento di quota 100”, spiega una fonte di governo, “ci si sta orientando a compiere un passaggio su tre anni, passando a 102 nel 2022, a 103 nel 2023 e a 104 nel 2024, in modo di ammorbidire l’impatto dell’intervento. E quanto ha detto il presidente Draghi conferma che si va in questa direzione. Al momento si tratta, non siamo ancora all’intesa, ma il confronto procede. Qualche concessione verrà fatta per permettere un’uscita più graduale e morbida da quota 100”. E si cerca un miliardo in più per centrare l’obiettivo».
La proposta della Lega
Ma la Lega mastica male. «Per noi sono inaccettabili, significherebbe tornare di fatto alla legge Fornero», dice Claudio Durigon. Il leghista illustra la controproposta del Carroccio: «Stiamo puntando su quota 102 nel 2022 e 2023, oltre a mantenere delle finestre di uscita limitate ad alcuni settori e alcune tipologie di lavoratori. Dopo di che sarà il nuovo governo a stabilire cosa fare». Come riporta l’Adnkronos, «la Lega lavora ad una mediazione ragionevole, che potrebbe essere quota 102 con strumenti per consentire la pensione ad alcune categorie specifiche come i lavoratori precoci o per quelli di imprese sotto i 15 dipendenti. La Lega è tendenzialmente favorevole a fondi da destinare direttamente ai lavoratori per consentire loro e non all’azienda una libera scelta sulla propria pensione». Così fonti della Lega.
La Lega in Consiglio dei ministri
La Lega, nel Consiglio dei ministri di martedì, ha espresso una “riserva politica” sul nodo pensioni. La proposta del governo – trasformare quota 100 in quota 102 nel 2022 e quota 104 nel 2023 – non ha convinto i leghisti. Nel Documento programmatico di bilancio, per gli interventi sulle pensioni, figuravano un miliardo e mezzo di euro per tre anni. La cifra avrebbe lasciato poco spazio all’immaginazione riguardo alle vie d’uscita percorribili, non ultima quella di virare su quota 103 per i due anni interessati, soluzione caldeggiata nelle ultime 24 ore.
Ma, a quanto apprende l’Adnkronos da fonti di governo, proprio per evitare incidenti e non scontentare una Lega “nervosa”, l’esecutivo starebbe cercando risorse aggiuntive da inserire in manovra. Un miliardo in più che, aggiunto all’1,5 mld già nel Dpb, consentirebbe soluzioni più digeribili per il Carroccio. Tra queste, quella sulla quale spingerebbero i leghisti nelle ultime ore potrebbe prevedere il ricorso a quota 102 per il 2022 e 2023, con l’aggiunta di un potenziamento degli “scivoli” per i lavoratori delle pmi. Ma anche qui non tutti sono d’accordo.