Pensioni, il governo umilia gli invalidi: assegno (da fame) sospeso a chi ha un “lavoretto”
Pensioni di invalidità sospese, al momento. Lo dice l’Inps nel messaggio 3495 del 14 ottobre scorso. A partire da quella data l’Istituto di previdenza non erogherà più i 287,09 euro al mese per 13 mesi a chi ha una percentuale di invalidità tra 74 e 99% (dunque invalido non totale) e nel frattempo lavora. Ecco, di tratta di invalidi civili e per “lavoro” si intende lavoretto da 400 euro mensili al massimo. Giusto per non morire di fame, per arrotondare. Arrivando, nel totale, a una cifra che consente di stare nel tetto annuo di 4.931 euro, considerato sin qui compatibile con l’assegno di invalidità. Non sarà più cosi. Una follia, un’accanimento che lascia senza parole. Secondo l’Inps, secondo il governo, questi invalidi dovrebbero vivere e provvedere alle loro cure con i soli 287 euro al mese.
Pensioni di invalidità sospese
«Una decisione molto grave che colpisce i più fragili che hanno già pagato un prezzo alto in pandemia », dicono Ezio Cigna e Nina Daita, responsabili Cgil per le politiche della previdenza e della disabilità. Nel dibattito arroventato sulle pensioni arriva anche questo capitolo a rendere ancora più una beffa il quadro a cui il governo sta lavorando. Bisogna capire che quelli che l’istituto di previdenza definisce “lavori” non sono altro che attività fi tipo terapeutico o formativo e con piccoli compensi, che difficilmente superano il tetto previsto. Togliere l’assegno di invalidità alle famiglie è indegno di un paese civile. I sindacati sono sul piede di guerra. I diritti acquisiti valgono per tutti tranne che per gli invalidi. Stiamo parlanso di cifre esigue, il che rende veramente imbarazzante che si possa essere pervenuti a tale decisione.
Pensioni, il governo fa la voce grossa con gli invalidi e i fragili
Si tratta di una piccola risorsa aggiuntiva per non morire di inedia, di confinamento nella solitudine e nell’inattività totale. C’è l’intenzione di intervenire e correggere questa follia giocata sulla pelle di persone e famiglie fragili. Facciano presto. Si tratta di un equivoco creato dalla norma del 1971 e quindi occorrerà ripristinare la compatibilità tra questo assegno minimo di invalidità e il “lavoretto”, sino ad ora ammesso ». La legge 118 del 1971 all’articolo 13 stabilisce che: l’assegno è dovuto solo in caso di soggetti invalidi «incollocati al lavoro», ovvero iscritti nelle liste speciali di collocamento. E -si legge- «per il tempo in cui tale condizione sussiste». Si arriva poi alla legge 247 del 2007 che cambia la norma e sostituisce «incollocati » con un più esplicito «che non svolgono attività lavorativa ».
Così l’Inps ha modificato le vecchie norme sulle pensioni di invalidità
Però, da allora la convivenza tra lavoretto e assegno c’è sempre stata. Per queto motivo: «l’esiguità del reddito impedisce di ritenere che vi sia attività lavorativa rilevante ». Ovvero: se il lavoro non è stabile e non viene superata la soglia di reddito minimo personale, allora lavoretto e assegno possono convivere. Fu la stessa Inps a prescriverlo con due messaggi datati 2008. E arriviamo al 14 ottobre 2021 quando la scure si abbatte su queste categorie. L’ Inps – ricostruisce la Repubblica– si fa forte di due sentenze della Cassazione: “la numero 17388 del 2018 e la 18926 del 2019. In entrambi i casi il ricorrente è proprio l’Avvocatura dell’Inps contro sentenze di appello che davano ragione a invalidi privati dell’assegno perché anche lavoratori. La Cassazione dice che «il mancato svolgimento di attività lavorativa è un elemento costitutivo del diritto alla prestazione assistenziale». Quindi l’Inps può togliere l’assegno, se lavori. Ecco, c’è tutto il tempo per ripristinare lo statu quo ante per rimettere giustizia e pietà umana a quest’ultima follia. Questo la dice lunga su quanto l’inclusione sociale sia tra gli obiettivi dello Stato Italiano e dell’INPS…