Per non dimenticare: sono passati 297 giorni da quando Di Maio annunciò il ritorno di Chico Forti
«Ho una bellissima notizia da darvi: Chico Forti tornerà in Italia. L’ho appena comunicato alla famiglia e ho informato il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio. È un bel regalo di Natale per lui, la famiglia e l’Italia». Parlava così Luigi Di Maio, il 23 dicembre 2020 dando per fatto il ritorno in patria dell’italiano detenuto in Florida dal 2000.
Sono passati 297 giorni da quel 23 dicembre 2020, allorché il ministro degli Esteri diede per conclusa una trattativa diplomatica che non si era risolta affatto. Con il senno di poi, quell’annuncio è stata una vera e propria bufala di Natale. Tutti diedero credito all’annuncio. Nessuno poteva dubitare, infatti, che un ministro degli Esteri potesse avventurarsi con tanta faciloneria in una questione giuridica assai delicata e intricata.
« Il Governatore della Florida ha accolto l’istanza di Chico di avvalersi dei benefici previsti dalla Convenzione di Strasburgo e di essere trasferito in Italia», aveva detto il ministro degli Esteri in quello che, col senno di poi, si è rivelato solo un annuncio acchiappalikes.
L’intervista dell’italiano detenuto: “Provo rabbia e rancore”
La storia di Chico Forti è nota ed è stata seguita da tutti i media italiani. Il 15 giugno 2000 l’ex produttore televisivo era stato condannato all’ergastolo per un delitto del quale si è sempre professato innocente. «Il governo – proclamava Di Maio con un sorriso a 32 denti – seguirà ora i prossimi passi per accelerare il più possibile l’arrivo di Chico. Erano vent’anni che aspettava questo momento e siamo felici per lui, per i suoi cari, per la sua famiglia, per tutta la città di Trento. È un momento commovente anche per noi».
In realtà, con rara improntitudine, il responsabile della Farnesina aveva anticipato l’esito di una delicata trattativa giuridica e diplomatica che era tutt’altro che arrivata alla sua conclusione.
Per Chico Forti, dopo quell’annuncio avventato, le cose sono addiritura peggiorate. I giornali locali hanno aspramente criticato l’imminente trasferimento in Italia.
Le autorità locali lo hanno trasferito in un altro carcere della Florida, formalmente riservato ai detenuti in attesa di trasferimento, ma nella sostanza ancora più duro e “pericoloso” del precedente. Vanta infatti il poco invidiabile record di penitenziario della Florida con il maggior numero di morti e suicidi.
Di Maio a marzo: “Stiamo aspettando gli ultimi documenti”
Il 29 marzo 2021, dietro sollecitazione dei giornalisti, Di Maio aveva conservato faccia tosta e sicurezza sul caso Chico Forti. «Lo sentiamo ogni giorno, stiamo aspettando gli ultimi documenti amministrativi americani per poter procedere alle operazioni di trasferimento», aveva assicurato.
A oggi, invece, le cose sono rimaste immutate. Nell’ultima intervista, rilasciata il 22 settembre, Chico Forti dal carcere ha detto di avere «addosso tanta rabbia e rancore». Situazione intuibile, visto che quasi un anno fa il massimo rappresentante della diplomazia italiana aveva garantito che il ritorno in Italia è cosa fatta.
Ora la speranza della famiglia dell’ex produttore e velista italiano è riposta nel viaggio che il ministro della Giustizia, Marta Cartabia effettuerà negli Stati Uniti a fine mese. La trattativa è ancora in corso. Sperando solo che Di Maio stavolta taccia e chieda scusa a Chico Forti e agli italiani che gli hanno creduto.
Chi è Chico Forti
Chico Forti è un ex produttore televisivo ed ex velista che è stato condannato all’ergastolo il 15 giugno del 2000 negli Stati Uniti d’America per l’omicidio del cittadino australiano Dale Pike avvenuto il 15 febbraio di due anni prima. Il collegamento tra Chico e la vittima stava nei rapporti che l’ex produttore televisivo aveva instaurato con il padre di Dale, Anthony Pike, per una compravendita del Pikes Hotel, a Ibiza. Il 15 febbraio del 1988 il corpo del figlio del venditore venne trovato senza vita sulla spiaggia di Sewer Beach a Miami e nonostante Chico si sia sempre dichiarato e tuttora afferma di essere innocente, finì dietro alle sbarre.