Addio a Toni de Santoli, uno di noi: dalla passione per il rugby al giornalismo, una vita in prima linea
Addio a Toni de Santoli, un collega, un amico. Era uno di noi. Seduto alla sua scrivania, l’ultima della fila destra, a un passo dalla porta d’ingresso. Computer acceso, concentrato nella stesura del suo articolo. Era il caposervizio degli Esteri, una colonna del Secolo d’Italia. All’apparenza truce, per via del suo sguardo sornione. Nella sostanza una persona dal cuore d’oro, sempre pronto ad aiutare chi era in difficoltà o a scherzare con le sue battute ironiche e il suo accento toscano. Anzi, toscanaccio, come gli ribattevano i colleghi. La sua morte ci ha colti di sorpresa.
La scomparsa di Toni de Santoli
Classe 1946, è morto improvvisamente ieri. La notizia della sua scomparsa è stata data dal Villa Pamphili Rugby dove giocava negli “old”. Toni fiorentino di nascita era nato e cresciuto in via di San Gervasio, al Campo di Marte. La famiglia, come raccontava, era molto unita. Il padre Giampiero, dirigente dell’Eni, un paio di volte era anche venuto a trovarlo nella redazione del Secolo.
La passione per il rugby
La sua grande passione sin da ragazzo era il rugby e proprio per questo aveva deciso di indirizzare la sua professione nel giornalismo sportivo. Iniziò a collaborare La Nazione, però un incidente di percorso gli cambiò il corso della vita. Lo ha raccontato lui stesso in un articolo. Nel giugno del 1974 fu arrestato perché direttore responsabile di un mensile, “Tendenze nuove”, legato ad Avanguardia nazionale.
Gli inizi di carriera a La Nazione
In casa gli trovarono una vecchia Beretta, appartenuta al nonno che risaliva alla guerra d’Abissinia. Toni l’aveva conservata solo come un ricordo di famiglia. Fu arrestato e trascorse qualche giorno al carcere delle Murate. Fu interrogato da Vigna e poi rimesso in libertà. Ma quell’episodio cambiò il corso della sua vita. La famiglia e gli amici lo sostennero in tutto, ma non gli fu consentito di tornare in redazione. A quel punto andò via dall’Italia. La sua prima destinazione fu l’Inghilterra dove rimase un paio d’anni. Poi, nel 1977 si trasferì negli Stati Uniti, a New York, dove lavorò al Progresso italo-americano e dopo in un quotidiano canadese.
Il trasferimento in America
Ma in America Toni non trovò la terra delle opportunità e non approvava la pena di morte. Così a un certo punto desiderò tornare in Italia. E lo fece grazie al Secolo d’Italia, col quale aveva iniziato una collaborazione, caldeggiata dall’allora direttore Aldo Giorleo. Fu un nuovo inizio. Toni, con la moglie e la figlia Lavinia, tornò a Roma nel 1989 prendendo servizio al quotidiano del Msi-Dn.
Il ritorno a Roma
Toni ha lasciato il segno al Secolo. Grande stile e grande cultura si occupava di Esteri, del cui servizio divenne qualche tempo dopo responsabile. Le sue battute le ricordiamo ancora: “Non mi garba il branco, vo da solo!”, diceva quando andava a pranzo. Il suo saluto la sera era “Ci si vede, brodi!”. Anche dopo la pensione anticipata, pochi anni fa, aveva continuato a scrivere, su La Voce di New York e su Rivista fiorentina. Ci mancherà tantissimo.