Berlusconi, una frase della Meloni scatena i retroscena. Ma il patto di Villa Grande regge ancora
Davvero il centrodestra è agitato per le parole di Giorgia Meloni su Berlusconi al Quirinale? Davvero dietro le quinte si odono sussurri e grida su una mossa, quella della Meloni, che avrebbe spiazzato il centrodestra?
Facciamo un po’ di chiarezza. Giorgia Meloni si trovava ieri alla presentazione del libro di Bruno Vespa assieme a Enrico Letta. Domanda d’obbligo su Berlusconi al Colle. Meloni risponde con realismo: la scalata di Berlusconi sarebbe difficile, lo dicono i numeri. E inoltre il leader azzurro ha risposto positivamente “per primo” all’appello di Letta sulla legge di Bilancio. Appello che per il Pd è il primo passo di un tavolo allargato per discutere anche di Quirinale. E siccome Berlusconi ha detto sì al Pd e il Pd non lo voterà di certo Capo dello Stato “questo significa – ha concluso Meloni – che Berlusconi ha fatto un passo indietro“.
Subito sono fioccate accuse di ingratitudine da parte di Forza Italia. Fonti azzurre parlano di un Berlusconi sorpreso e irritato. Augusto Minzolini sul Giornale mette nero su bianco l’indignazione dell’alleato forza-italico verso i patrioti di FdI. L’editoriale si apre addirittura con un paragone con Gianfranco Fini. Il non detto è: Giorgia vuole fare come Gianfranco? Lo scritto condensa l’interrogativo in altra forma: Giorgia vuole dire no alla candidatura di Berlusconi ma non se ne vuole assumere la responsabilità? Certa destra, quella post-missina, ancora non avrebbe capito quanto deve a Silvio Berlusconi. Insomma, una tirata d’orecchie. Nella Lega invece pensano che Giorgia Meloni abbia voluto fare un favore a Draghi con la sua uscita. Perché, se Draghi va al Colle, le elezioni si avvicinano e l’obiettivo di FdI è questo.
Veleni, retroscena e boatos alquanto singolari. Il punto è che, come da tradizione, con l’avvicinarsi delle votazioni per il successore di Mattarella, anche le cose ovvie e chiare vengono lette col dosatore e col bilancino dei retropensieri. Persino un semplice “buongiorno”, un innocente saluto come “buonasera” passano al setaccio dei chiosatori del “romanzo Quirinale”. In verità Giorgia Meloni ha detto una cosa davvero di una semplicità sconcertante: i numeri rendono difficile il sogno di Silvio Berlusconi.
E ancora: se Berlusconi per primo si è affrettato a dire sì al patto chiesto da Letta sulla manovra significa che ha dichiarato una sua disponibilità a trattare col Nazareno il nome del futuro Capo dello Stato. Quindi l’interpretazione: ha fatto un passo indietro. Se c’era un non detto, il non detto era il seguente: nel vertice di Villa Grande, a ottobre, i partiti della coalizione avevano stabilito di muoversi compatti sulla manovra e sull’elezione del Capo dello Stato. Quindi se il capo del Pd lancia l’idea di un tavolo e uno di quei partiti risponde subito di sì prima di consultarsi con gli alleati e di conoscere il loro pensiero chi è che ha infranto il protocollo di Villa Grande? Non certo Giorgia Meloni.
E se Il Giornale ricorda i vergognosi e pretestuosi attacchi del Pd nei confronti di FdI e di Giorgia Meloni sul fascismo e sull’impresentabilità della fiamma missina perché omette di dire che dopo quegli attacchi a mostrare compiacenza verso la mano tesa di Enrico Letta è stata proprio Forza Italia? Riassumendo: Berlusconi può giocare su più tavoli con l’occhio al Colle e gli alleati devono solo limitarsi ad annuire e ad applaudire? Impossibile. Questo schema poteva valere con l’ex leader di An, ma oggi non può essere riproposto. Proprio perché, come Minzolini scrive a conclusione del suo articolo di fondo, “sbagliare è umano, perseverare è diabolico”.