Corridoni e le lotte sindacali. Perché la sua memoria è ancora così contemporanea
Filippo Corridoni, sindacalista rivoluzionario, interventista, volontario nella Prima guerra mondiale, cadde sul Carso il 23 ottobre 1915, mentre alla testa dei suoi uomini dava l’assalto alla Trincea delle Frasche.
Il suo corpo non fu mai ritrovato e ci piace pensare, riprendendo la tenera convinzione paterna, che sia proprio lui il Milite Ignoto che riposta sull’Altare della Patria e del quale ricorre in questi giorni il centenario della traslazione del corpo a Roma. La vita e le idee dell’Arcangelo Sindacalista sono ripercorse del recente volume Filippo Corridoni, a firma di Vincenzo d’Orio e Luca Lezzi, edito da Passaggio al Bosco.
Filippo Corridoni nacque a Pausula nelle Marche (oggi Corridonia) il 19 agosto 1887 da una famiglia contadina. Una borsa di studio gli permise di frequentare l’Istituto superiore industriale di Fermo. Nel 1905 è a Milano dove, con il diploma di disegnatore, entra nelle officine «Silvestri-Miani».
Dell’ambiente natale rimarrà in lui una traccia che non si perderà negli anni tormentati che lo attendono. Corridoni entra nel mondo delle lotte proletarie avendo alle spalle um ambiente legato alla terra, alle esperienze artigiane, a un incredibile gusto di saper difendere la propria personalità, la propria individualità da ogni eccessiva tendenza gregaria, da ogni mero richiamo alla «massa».
Le lotte sindacali e gli arresti
Ha sempre qualche libro o qualche opuscolo fra le mani. La sera tornato dal lavoro impiega il suo tempo nella lettura, nello studio e nella riflessione. Sensibile ai problemi del mondo del lavoro, Corridoni lascia presto la Silvestri-Miani e si getta subito nella mischia: passa da una fabbrica ad un’altra, conduce agitazioni e scioperi, dando prova di grande ardimento personale. Presto accanto al lavoro e alle lotte sindacali conosce il carcere.
Come è accaduto a molti grandi uomini, in prigione Corridoni approfondisce la sua cultura politica, studia economia, filosofia, affina la conoscenza di Sorel, Michels, Sombart, Pareto. Intanto, nel fervido panorama politico-sindacale di quegli anni, si fa strada un fenomeno destinato a consolidarsi ed ampliarsi nel tempo per giungere a dare con l’esperienza fascista i suoi più pregevoli frutti. Tra le diverse posizioni delle organizzazioni e dei gruppi, tra i susseguirsi e intrecciarsi di «fogli» e di testate giornalistiche, un identico sentire comincia ad unire gli uomini migliori.
Il socialismo scopre la nazione
Non si voleva solo lottare «per» il proletariato, si voleva che il proletariato si elevasse e alzasse il suo «livello» anche moralmente, eticamente, spiritualmente. Battaglie per i salari sì, perché essi erano incredibilmente bassi. Per gli orari di lavoro pure, che erano disumani. Ma si voleva anche verificare quali «titoli» avesse dalla sua la nuova classe per assumersi la responsabilità del potere e della gestione della società.
Corridoni che è arrestato e condannato più volte, e che quindi entra ed esce dal carcere, è costretto nel 1908 a riparare all’estero. Prima a Nizza e qualche mese più tardi a Zurigo. In esilio ha la possibilità di conoscere la triste condizione dei lavoratori italiani all’estero e di sperimentarne le dure condizioni di lavoro.
La svolta interventista
Tornato in Italia prende di nuovo la testa dei suoi sindacalisti rivoluzionari, con i quali partecipa in prima fila alle grandi battaglie sindacali degli ultimi quattro anni che precedono il Primo conflitto mondiale. Il 7 giugno 1914, poco prima che la tempesta interventista cominci a spazzare l’Italia, Corridoni parla insieme con Mussolini in un comizio di protesta all’Arena di Milano.
La polizia interviene picchiando e disperdendo i manifestanti: Corridoni è per la tredicesima volta in carcere mentre Mussolini accentua la sua posizione «atipica» tra i socialisti, con la campagna interventista e la partecipazione alla guerra. Nel 1919 ci sarà il distacco definitivo dal Partito Socialista e la fondazione dei primi «Fasci di Combattimento».
Morte sul Carso
Il 25 luglio Corridoni partì per il fronte insieme ad un gruppo di altri volontari milanesi. Guardato sulle prime con diffidenza dagli altri soldati che lo vedono come uno di coloro che «avevano voluto la guerra», il sindacalista rivoluzionario conquistò presto il cuore dei commilitoni, con la sua generosità e la sua audacia.
Consapevole dei rischi ai quali andava incontro, prima di partire aveva giurato a se stesso: «Morirò in una buca, contro una roccia, o nella corsa di un assalto: ma se potrò cadrò con la fronte verso il nemico come per andare più avanti ancora…». Per la sua morte Mussolini scrisse sul suo giornale: «Filippo Corridoni appartiene alla schiera esigua ed elettissima degli uomini che, morendo, ricominciano a vivere».