Finalmente una buona notizia: il monoclonale anti-Alzheimer riduce il declino dei pazienti
Aducanumab, l’anticorpo monoclonale anti-Alzheimer approvato nel giugno scorso dall’Agenzia del farmaco americana Fda, si è dimostrato in grado di migliorare le condizioni cliniche di pazienti colpiti dalla malattia neurodegenerativa, trattati in stadio precoce. Risultati ottenuti nell’ambito degli studi di fase 3 Emerge ed Engage, presentati dall’americana Biogen e dalla giapponese Eisai a Boston, dove si è svolto in modalità virtuale il Congresso Ctad (Clinical Trials on Alzheimer’s Disease), indicano infatti che l’azione di aducanumab sul calo della proteina plasmatica p-Tau181 si associa a una riduzione delle placche beta-amiloidi nel cervello, nonché a un minore declino cognitivo e funzionale nei pazienti. I dati illustrati riguardano oltre 1.800 malati Alzheimer, per un totale di circa 7mila campioni di plasma esaminati.
L’anticorpo monoclonale anti-Alzheimer
L’analisi ha evidenziato che aducanumab, farmaco che si somministra per infusione, “primo e unico trattamento approvato”, per ora “negli Stati Uniti, che incide sulle cause della malattia di Alzheimer”, ricorda Biogen, «ha ridotto significativamente rispetto al placebo la “patologia Tau”, una caratteristica distintiva della malattia di Alzheimer, misurata attraverso la proteina plasmatica p-Tau181; l’effetto è stato maggiore con dosi più elevate e periodi di trattamento più lunghi. Una maggiore riduzione di p-Tau181 nel plasma ha mostrato inoltre una correlazione statisticamente significativa con un minor declino cognitivo e funzionale nei pazienti trattati con aducanumab.
Ancora, l’analisi ha indicato una correlazione statisticamente significativa tra la diminuzione della p-Tau181 plasmatica e la riduzione della placca beta-amiloide». È stato dunque dimostrato «l’effetto di aducanumab sulle due caratteristiche patologiche fondamentali della malattia di Alzheimer», ossia «la placca beta-amiloide e i grovigli neurofibrillari composti da p-Tau anomala».
Gli effetti del farmaco anti-Alzheimer
«Ora disponiamo di dati solidi e concordanti secondo cui aducanumab ha effetto su due caratteristiche patologie che definiscono la malattia di Alzheimer, e prove sostanziali della correlazione tra l’effetto del farmaco sui livelli plasmatici di p-Tau181 e il rallentamento della progressione della patologia – afferma Alfred Sandrock, responsabile Ricerca e Sviluppo di Biogen – Siamo impegnati nella continua produzione di dati» sul trattamento, «e crediamo che queste nuove evidenze possano contribuire a una scelta terapeutica informata e a far progredire la ricerca sull’Alzheimer anche dal punto di vista della diagnosi e del monitoraggio».
«Il farmaco rallenta il declino cognitivo»
«Questi dati non solo mostrano un importante legame tra la capacità di aducanumab di eliminare la placca beta-amiloide e di ridurre i livelli plasmatici di p-Tau-181, ma anche che l’effetto del farmaco correla significativamente con il rallentamento del declino cognitivo – commenta il neurologo svedese Oskar Hansson (università di Lund, ospedale universitario di Skåne), che ha descritto i dati con una presentazione orale al Congresso Ctad – Risultati su quasi duemila pazienti forniscono preziose informazioni sulle dinamiche delle patologie interconnesse all’interno di questa complessa malattia».