I peones si salvano, pensione al sicuro anche con il voto anticipato. Il retroscena del “Corriere”
Colpo di scena. I parlamentari “si salvano”, avranno la pensione anche nel caso in cui la legislatura dovesse cessare prematuramente prima dei fatidici «quattro anni sei mesi e un giorno». La grande paura è cessata, i peones possono dormire sonni tranquilli. E’ Francesco Verderami nel retroscena del Corriere della Sera oggi in edicola a spiegare come e perché. “La svolta è dettata da due sentenze, emesse dal Consiglio di giurisdizione di Montecitorio e dal Consiglio di garanzia di Palazzo Madama: si tratta di organismi che agiscono in regime di autodichia e che – alla stregua di tribunali – regolano autonomamente i conflitti tra le Camere e i parlamentari”. La decisione è presa. Due sentenze destinate a far discutere.
Pensioni salve, i peones possono dormire sonni tranquilli
Verderami annota che “in realtà, secondo quanto riferiscono fonti qualificate, le Amministrazioni dei due rami del Parlamento si stavano già preparando riservatamente per adeguarsi alla novità. Che poi una novità non è. In quanto almeno per gli uffici, se è vero che il verdetto depositato a Palazzo Madama dal collegio presieduto dal forzista Luigi Vitali è del novembre 2020”. Fu in quella occasione che il Consiglio di garanzia aveva risposto ad un ricorso di tre ex senatori che non avevano raggiunto i fatidici «quattro anni sei mesi e un giorno» per far scattare il meccanismo previdenziale. A loro “«in nome del popolo italiano» era stato infine riconosciuto il diritto alla pensione. A una condizione però: che pagassero tutti i contributi dei mesi mancanti”. L’operazione non doveva pesare sulle casse dello Stato.
Due sentenze di Camera e Senato dettano la svolta sulle le pensioni
Una sentenza “pesante” che avrebbe dovuto sanare la «difformità di trattamento» rispetto ai parlamentari europei; e rispetto anche ai deputati della Camera. Ed è con questo esplicito riferimento a un precedente giudizio del Consiglio di giurisdizione di Montecitorio, che si è scoperta l’altra pronuncia, avvenuta nell’ottobre 2019″. Racconta il retroscenista del Corriere della Sera che in quell’anno il collegio guidato dal democratico Alberto Losacco aveva accolto il ricorso di dieci ex deputati che erano subentrati ad altri colleghi a legislatura in corso e pertanto non non avevano potuto maturare la pensione, pur pagando i contributi relativi al loro periodo di attività parlamentare.
Peones e pensioni, due sentenze che faranno discutere
Si gridò all’ingiustizia e ai “profili di illeggittimità per l’evidente disparità di trattamento». In una di queste due sentenze si sosteneva che il limite dei «quattro anni sei mesi e un giorno» potesse influenzare negativamente “l’attività di deputati e senatori, influenzandone le scelte e mettendo di fatto un vincolo al loro mandato”.
Verderami: “Fine dell’epoca della scatoletta di tonno da aprire”
Dunque i peones, i grillini impaurito prendano nota: con in tasca queste due sentenze nessuno perderebbe i propri diritti. “Ai parlamentari uscenti che volessero farne richiesta – spiegano infatti fonti qualificate – basterebbe presentare un ricorso all’Amministrazione; e chiedere di integrare i mesi mancanti dall’atto di proclamazione delle future Camere al settembre 2022”. Gustosa la notazione finale di Verderami sui peones appena la notizia si è diffusa: “Alcuni di loro ieri in Transatlantico, avendo saputo la notizia, sono parsi sollevati. Come se potessero almeno limitare i danni. Come se stessero vivendo la fine di un’epoca: quella della scatoletta di tonno da aprire“.