Letteratura, inediti: gli scritti di Salgari in difesa dell’Inno a Garibaldi. La polizia lo censurò
Il giovane Emilio Salgari (Verona, 1862 – Torino, 1911) di fede monarchica e liberale difese la memoria di Giuseppe Garibaldi dalla censura di un solerte funzionario di pubblica sicurezza, che aveva trovato sconveniente che si suonasse in pubblico l‘Inno di Garibaldi “All’armi! All’armi!” composto nel 1858 da Luigi Mercantini; il poeta de “La spigolatrice di Sapri”, e musicato da Alessio Olivieri. La vicenda inedita è ricostruita dagli studiosi Claudio Gallo e Giuseppe Bonomi sul nuovo fascicolo della rivista “Il Corsaronero” edita in collaborazione con la Biblioteca Civica di Verona. E proprio tra i fondi dell’istituzione veronese Gallo e Bonomi, come riferisce l’Adnkronos, hanno ritrovato gli articoli giornalistici di Salgari sulla vicenda.
Inediti: lo scritto di Salgari in difesa di Garibaldi sull'”Arena”
La sera di domenica 30 agosto 1891 il cronista Salgari, popolare autore del ciclo romanzesco di Sandokan, si trovava nel giardino della Società Filodrammatica Alfieri di Verona per la quale recitava l’amata Ida, sua prossima moglie. La fanfara di un’altra società, la Speranza, suonò vari brani musicali tra cui anche l’Inno di Garibaldi. Un delegato di Pubblica Sicurezza, al tempo in cui imperava la Triplice Alleanza tra gli imperi di Germania e Austria-Ungheria e il Regno d’Italia, ritenne ciò assai sconveniente e convocò il presidente della Società Speranza in ufficio per un richiamo ufficioso.
L’articolo fu smentito: la vicenda ricostruita da Gallo e Bonomi
Salgari trovò sconcertante il comportamento del funzionario e ne parlò qualche giorno più tardi sull'”Arena” con un titolo non equivocabile: “L’Inno di Garibaldi proibito a Verona”. Ecco il testo: “Il seguente fatto meritava davvero di venire narrato per dimostrare come certi funzionari di P. S. intendano la libertà. Domenica nel giardino della Società Filodrammatica V. Alfieri, in occasione di una serata d’onore, la brava fanfara della Speranza diede un concerto suonando vari scelti pezzi fra cui, per richiesta del pubblico, l’Inno di Garibaldi. Orbene, lo credereste, quell’inno suonato da tutte le Bande, perfino dalle militari, nei teatri, nelle piazze, dovunque insomma, ha fatto arricciare il naso ad un funzionario di Pubblica Sicurezza. Infatti essendosi ieri il presidente della Società recato all’ufficio di P.S. di Veronetta, si ebbe una lavatina di capo per non aver proibito che venisse suonato”.
Brani inediti di Salgari
Come in tante altre vicende giornalistiche in cui fu coinvolto, gli interessati smentirono Salgari. Ecco cosa scrisse al quotidiano concorrente “L’Adige” il presidente dell’Alfieri, Guglielmo Cristini, che ben doveva conoscere Salgari, moroso di Ida, prima attrice della compagnia amatoriale, e assiduo frequentatore delle recite: “A rettifica dell’articolo apparso ieri nel giornale l”Arena’, io sottoscritto dichiaro che dal sig. Delegato di P. S. di Veronetta, non ebbi lavata di capo, per non aver proibito alla fanfara Speranza il suono dell’Inno di Garibaldi, ma sibbene mi fu dal predetto funzionario fatto notare, che il vicinato aveva prodotto dei reclami per i troppi frequenti e prolungati suoni ad ora tarda, e con moti urbani mi pregava ad attenersi per lo innanzi alle prescrizioni di legge: cioè il terminare detti suoni alle ore 11 p. In quanto poi all’Inno di Garibaldi venne solo nominato siccome fu l’ultimo in quella notte suonato circa le ore due ant. L’articolo di ieri fu parte d’una mala interpretazione”.
Salgari ingaggiò una dura polemica: una pagina di letteratura ritrovata
A questa edulcorata puntualizzazione Salgari non ci stette e raccontò come erano andate in effetti le cose sull'”Arena” del 7/8 settembre 1891: “In una lettera pubblicata sull”Adige’ di stamane, il signor Cristini presidente della società V. Alfieri, non parendogli fosse sufficiente quanto scrissi ieri, senza smentire che la prima notizia l’ebbi precisamente dalla sua bocca, e tal quale la scrissi, dichiara ‘che non ebbe mai una lavata di capo per non aver proibito l’Inno di Garibaldi’ aggiungendo quindi ‘che l’articolo comparso l’altro ieri nell’Arena fu un parto di mala interpretazione’. Che quel signor delegato abbia solamente accennato all’Inno di Garibaldi, senza aver con ciò inteso di volerlo proibire, io ne sono convintissimo, ma che il signor Cristini mi venga ora fuori a dire che non ebbe mai lavate di capo – o rimproveri se crede che così sia meglio – per non aver proibito l’inno di Garibaldi come io asserii nell’articolo pubblicato sabato, questo poi no.
“Se il signor Cristini bene si ricorda, venerdì sera, appunto nella Società Alfieri, alla presenza del signor Giovanni Bolgia e moglie proprietari del locale, e dei soci signori Rovato e Boldrini e di altre persone che ora non rammento, mi dichiarò chiaro e tondo che da un delegato di P. S. era stato rimproverato per aver lasciato suonare l’inno di Garibaldi (…) Che il signor Cristini, impressionato ora del rumore sollevato dall’articolo, cerchi di attenuare la gravità della notizia o che ripensando bene alle parole dettegli dal delegato siasi persuaso di aver compreso male e di essersi spiegato male con me, può anche darsi, ma che mi venga a dire non essere vero quanto mi affermò alla presenza delle suddette persone, io non posso assolutamente tollerarlo perché la verità è una sola ed io l’ho detta come dalla sua bocca la intesi”.