Stallo nella crisi tra Ue e Bielorussia. Ma la Turchia blocca la partenza di nuovi migranti
È stallo nella crisi tra Unione Europea e Bielorussia, innescata dalla decisione del premier Alexander Lukashenko di ammassare migranti ai confini con la Polonia e la Lituania. A più riprese Bruxelles ha adombrato l’ipotesi di nuove sanzioni contro il regime di Minsk, ricevendone in cambio la minaccia di blocco dell’erogazione di gas. Il vero problema è capire se dietro Lukashenko si muove Vladimir Putin. Ma il Cremlino respinge ogni tentativo di coinvolgimento. «No, assolutamente no», ha ribadito il vice ambasciatore all’Onu Dmitry Polyanskiy. Da lui è giunta però una critica alla decisione di alcuni Stati Ue di investire della crisi del confine polacco-bielorusso il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. «Hanno tendenze masochiste», ha detto.
Mosca: «Nessun blocco sull’erogazione del gas»
È certo invece che da Mosca non verrà alcun blocco sul gas. Ad assicurarlo, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. «La Russia – ha sottolineato – è un esportatore affidabile. Ha rispettato, rispetta e rispetterà i vincoli contrattuali». A suo dire, Lukashenko non avrebbe consultato Mosca prima di fare la sua minaccia. Qualcosa però si muove, segno che il ricorso alle sanzioni non è passato proprio inosservato. È di oggi, infatti, l’annuncio che Belavia, la compagnia aerea bielorussa, non imbarcherà più cittadini iracheni, siriani e yemeniti in partenza dalla Turchia. In realtà sono state le autorità di Ankara a bloccarne la partenza. Anche in questo caso ha funzionato la minaccia di Bruxelles, ribadita in queste ore dalla Commissione, di includere nella black list delle sanzioni anche le «compagnie aeree che non collaborano» nel bloccare il traffico migranti verso la Bielorussia.
Il cancelliere austriaco: «Sì al muro con la Bielorussia»
La crisi umanitaria al confine orientale della Polonia infiamma il dibattito politico europeo. Nei giorni scorsi, Manfred Weber, capogruppo del Ppe a Strasburgo, aveva sollecitato la costruzione, con fondi Ue, di un muro con che impedisse a Lukashenko di usare la massa dei migranti come arma di ricatto. «Il no al muro – aveva replicato una portavoce della Commissione di Bruxelles – è politico e non giuridico». Quindi non si farà. Ma sul punto oggi è ritornato con un’intervista a Repubblica il cancelliere austriaco Alexander Schallenberg. «Sarebbe un atto europeo di solidarietà – ha detto – se gli Stati ai confini esterni della Ue, che proteggono lo spazio Schengen, ricevessero dei soldi per proteggere i confini esterni».