Cari di sinistra, rassegnatevi all’evidenza. Atreju è vivo, e lotta insieme a noi
La furia demolitoria dell’élite progressista non teme il ridicolo: altrimenti non avrebbe neanche iniziato la polemica su Atreju, che è il nome dell’eroe della Storia infinita di Michael Ende e della festa dei giovani di destra. Ma poiché appunto non tollerano che un eroe letterario possa ispirare una manifestazione di segno contrario al loro pensiero cominciano, con protervia da “illuminati”, a cercare di dimostrare che la cosa non è come sembra…
Atreju, dunque. In principio fu Saviano. Atreju, sentenziò, non ha madre né padre. Dunque non può piacere alla destra. Siccome è totalmente digiuno di miti letterari, Saviano ignora che gli eroi che devono affrontare una prova iniziatica, di norma, sono soli e solitari. Meglio ancora se orfani. Intriso di cultura materialista, poi, non viene minimamente sfiorato dal dubbio che forse un personaggio letterario piace per i valori che esprime e non perché è inserito in una famiglia canonicamente intesa. Comunque Saviano apre un filone. E Fanpage si accoda (figuriamoci) andando a scomodare l’esecutore testamentario di Michael Ende per fargli dire che Atreju coi fascisti non c’entra (ma va?).
Infine giunge il Corriere della sera, con un’articolessa di Pierdomenico Baccalario che è un capolavoro di inesattezze e pregiudizi. Innanzitutto, afferma, Atreju ha la pelle olivastra. E poi si dà da fare per fare entrare nel regno di Fàntasia un umano, cioè Bastian, cioè un immigrato. Insomma è l’eroe che apre le porte allo straniero. Capite il livello? Questi sarebbero capaci di far diventare anche Topo Gigio l’emblema di un centro sociale. E Calimero un simbolo dell’immigrazionismo. Ma dove Baccalario la spara più grossa è sulla prima traduzione del Signore degli Anelli ad opera della casa editrice Rusconi e prima ancora di Ubaldini. Nell’intento forse di difendere la nuova traduzione del capolavoro tolkieniano dalle molte polemiche che lo hanno travolto, arriva a dire che Vittoria Alliata, la prima traduttrice, aveva danneggiato l’originale. Ignorando che la Alliata, nobildonna siciliana amante del pensiero magico e reazionario, era in corrispondenza con lo stesso Tolkien, il quale non mancava di darle suggerimenti e di indirizzarla sulla terminologia da usare.
Ma il Corriere sa bene che tutto il materiale citato – Rusconi, Vittoria Alliata, Elemire Zolla (prefatore della prima edizione del Signore degli Anelli, gli Hobbit, Michael Ende, la cultura anti-nichilista e anti-illuminista – non solo non ha nulla a che fare con la cultura di sinistra ma fu anzi da essa osteggiato e denigrato come ben racconta Oronzo Cilli nel suo Tolkien e l’Italia (Il Cerchio). Pesò nel 1962 il no della Mondadori alla pubblicazione del Signore degli Anelli, un rifiuto dietro il quale c’era il lapidario giudizio di Elio Vittorini: Tolkien non era certo un genio – sentenziava – e il libro manca di attualità.
La casa editrice Rusconi invece – citata esplicitamente dalla rivista Rinascita come un “pericolo da non sottovalutare” – pubblicava sotto la guida di Alfredo Cattabiani, autori certo non allineati alla fede progressista: da Florenskij a Jünger, da Cristina Campo a René Guénon, da Mircea Eliade a Hans Urs von Balthasar. Una politica editoriale temuta dal conformismo asfissiante degli anni Settanta che finì col sacrificare ai suoi pregiudizi anche Tolkien e il suo capolavoro.
Michael Ende era uno scrittore romantico e anti-moderno, del tutto inadatto per essere apprezzato dai cerebrali intellettuali di sinistra. I suoi eroi che combattono il Nulla, come Atreju, ben rappresentano invece la battaglia spirituale e culturale contro il nichilismo che della destra è sempre stata una caratteristica fondante con buona pace dei nuovi saltimbanchi che intendono appuntarsi la medaglietta dell’antimelonismo.
Una dimensione, quella antimaterialista, che invece sul fronte opposto manca del tutto, che non viene esplorata e che veniva derisa già negli anni Settanta come nocivo “escapismo” (fuga dalla realtà). Così come manca del tutto, a sinistra, una decente capacità di analizzare simboli e miti, di comprenderne il significato profondo. Dunque, pacificate il vostro animus bellico: Atreju è il nome di quella festa dal 1998. Non vi è mai interessato nulla. Né di lui né del suo papà Michael Ende, il quale detestava il “puro intellettualismo” e aveva della letteratura la stessa idea di Tolkien: essa doveva essere consolatoria, non realistica. Non potrà mai essere dei “vostri” un autore così. Perciò rassegnatevi. Perché, come recitava uno degli striscioni del primo Campo Hobbit, Gandalf è vivo e lotta insieme a noi. Nonostante Saviano, Baccalario e tutti gli altri sfessati per i quali la cultura di destra non esiste…