Carola Rackete la fa di nuovo franca: archiviato il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina
Carola Rackete la fa di nuovo franca. Il gip di Agrigento, infatti, ha archiviato l’inchiesta a carico della comandante della Sea Watch per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Secondo il gip, Rackete «ha agito nell’adempimento del dovere di salvataggio previsto dal diritto nazionale e internazionale del mare». L’inchiesta faceva riferimento ai fatti di giugno 2019, quando Rackete entrò nel porto di Lampedusa senza autorizzazione, contravvenendo all’ordine della Guardia di Finanza che le intimava di allontanarsi in base al decreto sicurezza firmato dall’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini.
Carola Rackete già prosciolta per lo speronamento
Rackete aveva già ottenuto il proscioglimento dall’accusa di resistenza a pubblico ufficiale e violenza a nave da guerra in relazione alla vicenda dello speronamento della motovedetta della Guardia di finanza avvenuto il 29 giugno del 2019, giorno in cui venne arrestata. L’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina faceva riferimento in particolare allo sbarco dei 53 migranti a bordo della nave della Ong tedesca. Ma secondo il Gip, che ha accolto la richiesta della Procura e ha anche citato l’Alto commissario per le Nazioni Unite per i rifugiati, «il porto di Tripoli non si poteva considerare porto sicuro». Ugualmente non si poteva considerare neanche la nave come «luogo temporaneamente sicuro».
Il gip fa le pulci al decreto sicurezza di Salvini
Dunque, secondo il Gip, la decisione di Rackete di portare i migranti in Italia nonostante il divieto «risulta scriminata dalla causa di giustificazione». Inoltre, per il giudice lo sbarco dei clandestini a Lampedusa «non era pericoloso». «Rilevato che il provvedimento interministeriale adottato il 15 giugno 2019», cioè il decreto di sicurezza di Matteo Salvini, «nel vietare l’ingresso, il transito o la sosta dell’imbarcazione nel mare territoriale italiano – scrive la gip – non faceva riferimento a specifiche situazioni di ordine e sicurezza pubblica che avrebbero potuto fare ritenere pericoloso lo sbarco in Italia dei naufraghi». Dunque, per il Tribunale «non sussistono elementi sufficienti per ritenere che il passaggio della imbarcazione possa definirsi “non inoffensivo”» e «all’esito delle indagini non sono emersi elementi suscettibili di sorreggere l’ipotesi accusatoria nei confronti» della comandante della Sea Watch.