Ecco la Cina che piace ai Cinque Stelle: 8 condanne a Hong Kong per aver ricordato Tienanmen
Vietato ricordare Tienanmen a Hong Kong. Lo sanno bene gli otto esponenti del fronte pro-democrazia, fra cui il magnate dell’informazione Jimmy Lai, condannati a diversi mesi di carcere da un tribunale di Hong Kong che li ha ritenuti colpevoli per aver partecipato o incentivato altre persone a partecipare alla veglia dello scorso anno per ricordare i fatti di piazza Tienanmen del 1989, un’iniziativa che era stata vietata dalle autorità dell’ex-colonia britannica.
L’incredibile vicenda, che restituisce bene il profilo “democratico” di quella Cina che tanto piace a Luigino Di Maio e ai Cinquestelle, è stata svelata dall’Hong Kong Free Press. Che rivela come fra gli otto condannati ci siano ex-esponenti dell’Alleanza di Hong Kong a sostegno dei movimenti democratici patriottici della Cina, disciolta a settembre, Lee Cheuk-yan, Chow Hang-tung, avvocato, Simon Leung e Richard Tsoi.
Gli altri – oltre a Jimmy Lai, 74enne fondatore del giornale Apple Daily chiuso in estate che sta già scontando una precedente condanna – sono gli ex-deputati Leung Yiu-chung e Wu Chi-wai e l’attivista ed ex-reporter Gwyneth Ho.
SecondoHong Kong Free Press, le condanne vanno dai quattro mesi e mezzo ai 14 mesi di carcere.
”Dopo gli arresti sommari, anche le condanne ideologiche – dice il deputato di Fratelli d’Italia, Federico Mollicone, componente dell’Alleanza Interparlamentare sulla Cina, esprimendo “solidarietà e vicinanza agli attivisti del fronte pro-democrazia hongkonghese condannati solo per aver ricordato l’eccidio di Tienanmen da parte della dittatura comunista cinese“. – La Repubblica Popolare Cinese viola i diritti umani del proprio popolo”.
“Presenteremo – avverte Mollicone – un’interrogazione al ministro Di Maio per chiedere di convocare immediatamente l’ambasciatore cinese in Italia e protestare ufficialmente in sede internazionale contro questa palese violazione del giusto processo, addirittura negando i fatti storici tragici“.
Ancora oggi, a distanza di tantissimi anni da quel 4 giugno 1989 – culmine di una serie di proteste popolari animate da operai, studenti e intellettuali – il bilancio delle vittime di quella repressione brutale e sanguinaria attuata dalle autorità cinesi a piazza Tienanmen è tuttora incerto, volutamente nascosto dalla Cina.
Le stime non ufficiali variano moltissimo: dai 30.000 morti denunciati dalla Croce Rossa – moltissime persone vennero giustiziate anche successivamente – alle 800 vittime stimate dalla Cia, ai 1.300 morti calcolati da Amnesty International.