La scomparsa di Luigi Tallarico: il futurismo come passione, la cultura come militanza
Quando, in conferenza, parlava dei futuristi morti in guerra, quando indicava l’esempio di Boccioni, di Sant’Elia e degli altri artisti che avevano donato la vita all’Italia, la sua voce diventava roca per l’emozione. Per Luigi Tallarico il mondo delle avanguardie artistiche italiane d’inizio Novecento era assai più di un interesse culturale o di una specializzazione della critica d’arte. Era vita, era identità, era una feconda immedesimazione, era una comunità ideale cui sentiva di appartenere con tutto il suo essere.
Luigi Tallarico, la battaglia delle idee
Ora il grande Luigi ha raggiunto Boccioni, Sant’Elia, Marinetti e tutta l’eletta schiera dei creatori di idee e di bellezza che hanno incendiato i primi decenni del secolo scorso. Classe 1926, i suoi occhi si sono chiusi in questa vigilia di Natale. Era nato a Crotone, ma la sua vita l’ha svolta a Roma. Di professione faceva l’avvocato, ma le sue grandi passioni erano la cultura artistica e la battaglia delle idee.
Una cara e storica figura
Per la famiglia del “Secolo d’Italia” , Luigi Tallarico era una storica e cara figura. È stato per decenni critico d’arte ed elzevirista, animatore, insieme con Carlo Fabrizio Carli e Renato Civello, della pagina dell’arte, una iniziativa che ha fatto per anni circolare il nostro giornale ai più alti livelli del mondo artistico italiano. Il nome di Luigi Tallarico era conosciuto ovunque, tra scultori, pittori, storici dell’arte e ovunque apprezzato e rispettato. Dell’espressione estetica, conosceva i codici segreti, che sapeva tradurre e decrittare. Ma non amava l’arte per l’arte. Non condivideva l’idea della pittura e della scultura chiuse in se stesse. Per lui, erano forme in cui si inverava lo spirito nazionale. Erano idee che si facevano cultura di popolo, come nelle monumentali opere di Sironi, di cui era grande esperto e a cui dedicò illuminanti saggi e articoli.
Grande rigore morale e impegno ideale
La sua grande vocazione rimane il futurismo, la migliore espressione, a suo giudizio, del primato italiano nel Novecento. Un leit motiv del suo studio e della sua ricerca. Erano il primato nell’arte e la rivoluzione delle forme in movimento di Boccioni, cui ha dedicato una importante monografia. Era il primato di una generazione di sublimi agitatori che hanno fuso mirabilmente arte, vita e politica. Le stessa passione, la vocazione, Luigi Tallarico l’ha trasferita nella sua stessa vita, una vita condotta con grande rigore morale, con grande impegno ideale, con grande affetto per la sua famiglia.
La cultura di destra gli deve molto
Grande amico di Giorgio Almirante, con cui condivise l’esaltante stagione della nascita e dell’affermazione del Msi, il critico d’arte del “Secolo” interpretava con spirito militante il suo impegno culturale. La cultura di destra gli deve molto. Gli deve, oltre ai suoi libri, ai suoi articoli, agli innumerevoli eventi da lui organizzati, una dedizione inesausta per la difesa della libertà di espressione, in decenni difficili come quelli in cui più forte, pesante e soffocante s’avvertiva l’egemonia della sinistra sulla circolazione delle idee nel nostro paese. Memorabili le sue battaglie condotte insieme con Francesco Grisi e il Sindacato Libero.
Quando Luigi Tallarico veniva al “Secolo”
Quando passava in redazione a portare i suoi articoli, era una sferzata di energia per tutti noi. Belle e interessanti le discussioni che si generavano. Lo spirito del futurismo si ridestava per qualche minuto. E ci ricordava che la nostra battaglia veniva da molto lontano. Veniva da quel cuore del Novecento che uomini come Luigi Tallarico hanno saputo preservare e valorizzare con mirabile passione.