Lina Wertmuller, guascone in gonnella che beffò pure Hollywood. Giannini: “A lei devo tutto” (video)
«È scomparso un mito che verrà a mancare per sempre. Ma per me è come se fosse morto un familiare. Sono profondamente addolorata». Poche frasi che racchiudono un rapporto artistico e umano tra Sofia Loren e Lina Wertmuller, scomparsa nella notte a 93 anni. Un legame di stima e di amicizia, quello tra le due donne, rinsaldato soprattutto con due titoli. Il primo è un film del 1978, che tra le altre cose vanta anche il record nel Guinness dei primati come titolo più lungo di un film nella storia del cinema: Un fatto di sangue nel comune di Siculiana fra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici. Amore-Morte-Shimmy. Lugano belle. Tarantelle. Tarallucci e vino). Che il pragmatismo americano tradusse semplicemente in Revenge.
Lina Wertmuller, estro e personalità nei ricordi della Loren e di Giannini
E il secondo è Francesca e Nunziata, un lavoro per la televisione datato 2002 che, a sua volta, racchiude un altro primato: è il titolo con cui la regista è riuscita a far tornare la Loren a recitare in Italia dopo diversi anni di assenza. In entrambe i casi, poi, ritroviamo nel cast Giancarlo Giannini, attore icona della celebre cineasta, che con lei strinse un lungo, ineguagliabile sodalizio. Un legame speciale, quello tra la Wertmuller e Giannini, che oggi ha portato l’interprete di Mimì Metallurgico a commentare la scomparsa della regista dicendo: «Ho vissuto con lei. Con lei ho fatto i film più belli, l’ultima volta che l’ho sentita mi disse “Giancarlino, sto scrivendo una sceneggiatura. La fai con me?” Le risposi subito di sì. È un grande dolore»…
«Se non ci fosse stata lei non sarei qui. È lei che mi ha costruito. È cominciato tutto per gioco»
Sì, perché quello che da sempre lega Giannini alla Wertmuller è un lungo e stellare sodalizio artistico e umano. Non a caso, affidando all’Adnkronos il suo struggente ricordo della cineasta appena scomparsa, l’attore ha sottolineato: «Se non ci fosse stata lei non sarei qui. È lei che mi ha costruito. È cominciato tutto per gioco. I primi film che abbiamo fatto durante l’estate mentre io facevo teatro li abbiamo girati in venti giorni, e ci lavoravano attori straordinari come Giulietta Masina, Rita Pavone», rileva Giannini tra commozione e sconcerto. Sì, perché per la Wertmuller il cinema era gioco. Provocazione. Una cosa seria con cui sbeffeggiare.
Lina Wertmuller, un guascone in gonnella dietro la macchina da presa
Un po’ commedia dell’arte e un po’ un modo per avventurarsi su territorio scomodi e rivisitarli con libertà stilistica e iperboli descrittive. Non per niente, Martin Scorsese di lei e del suo lavoro disse: «I suoi film sono come il carnevale». Così come Henry Miller, in una lettera indirizzata alla sua ultima amante, scrisse che, vedendo Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto, aveva pensato che Hollywood non si sarebbe mai concessa tutta quella libertà». Ed è racchiuso esattamente in queste due dichiarazioni – e in mille momenti epocali dei suoi film. Come in tutti i suoi personaggi di celluloide – il mondo visionario e folle di Lina Wertmuller, un guascone in gonnella con la passione della settima arte.
Quella volta che alla notte degli Oscar beffò pure Hollywood
Un universo boccaccesco rivisitato e corretto con cui guardare al sociale e irridere il conformismo che lo caratterizza in mille sfumature, rilette dall’occhio magico della macchina da presa con toni farseschi e accenti intimamente drammatici. Perché farsi beffa del dramma è stata quasi sempre la sua cifra stilistica. La sua dottrina comportamentale. La stessa che, come ricorda l’intervista a a Lina Wermüller che venne pubblicata sul Corriere per i 90 anni della regista – e che il quotidiano di via Solferino ripubblica oggi, nel giorno dell’addio –: anche nel momento sublime della notte degli Oscar, lei sulla poltrona assegnatale dall’organizzazione hollywoodiana in veste di candidata, fece sedere la sua amica Lalla Kezich. Commentando poi a posteriori: «Ci fu chi disse che l’Oscar non me lo diedero per quella beffa. Ma… non credo».
Lina Wertmuller, una Giamburrasca ante litteram che si fece prestare la tropue daFellini
Una Giamburrasca ante litteram che si è saputa far valere in un mondo a predominanza maschile. E da subito. La prima che ha fatto recitare una donna nelle vesti di un ragazzo. Una regista al debutto che, per girare i Basilischi, il suo primo film «fatto con niente», si fece dare l’intera troupe di Federico Fellini del quale – racconta sempre la Wertmuller nell’intervista al Corriere – «ero stata aiuto regista ne La Dolce Vita e in 8½, venne come me in Basilicata solo per la mia simpatia. Alcuni erano gli stessi che al mio primo apparire sul set accanto a Federico s’erano dati di gomito: “Ao’, c’avemo l’aiuto regista col visone”. Ero donna. Giovane. Di buona famiglia. Ma il visone era un visone modesto»…
La doppia vita americana di Lina Wertmuller
Una donna colta e una professionista scaltra. La stessa che, ricorda Giannini all’Adnkronos, «aveva una capacità inventiva straordinaria. Aveva lavorato con Fellini. Aveva una fantasia pazzesca e le sue storie erano bellissime. E anche molto facili da recitare, perché lei le scriveva per chi recitava, ed è una cosa molto difficile da trovare oggi». L’attore, indimenticabile interprete di Pasqualino Settebellezze e Travolti da un insolito destino, diretto dalla regista romana, ricorda: «Prendevamo la pellicola e andavamo in America a farle vedere a un nostro amico che aveva cinque cinema e ce le proiettava a New York. E da lì è cominciato tutto».
«Gli americani l’hanno davvero capita. Woody Allen era impazzito per lei»
«Fortunatamente ha vinto un Oscar»: onorario, arrivato nel 2020. Ma fu anche candidata come migliore regista, per il film Pasqualino Settebellezze, nella cerimonia del 1977. Perché, continua Giannini, «gli americani l’hanno davvero capita. In Italia non è stata così premiata. Premiavano sempre me, mi davano tutti i premi. Lei è stata sempre messa un po’ da parte, invece era una grande regista. È merito di Lina se per Pasqualino Settebellezze mi hanno dato la stella sulla Walk of Fame: è una cosa che non è che abbiano tutti. Ed è grazie a Lina». Una donna e un’artista che, conclude il suo attore icona, ricorderà così: «Ho avuto la fortuna di conoscere una donna che mi ha forgiato. Che stimavo tanto che facevo tutto quello che mi diceva. Era coraggiosa, abbiamo fatto di tutto. A volte ci hanno preso in giro, a volte no. Woody Allen era impazzito per lei. Ha avuto le copertine di tutti i più grandi quotidiani americani. L’hanno paragonata a Bergman, a Fellini. E io sono nato con lei. Più di così»… conclude commosso.