No vax si imbottisce di vitamina D per evitare il Covid: è in rianimazione, contagiato e in dialisi
In una città come Padova, con gli ospedali allo stremo, succede anche che un No vax pensi di prevenire il contagio del Covid riempendosi di vitamine. Salvo poi finire in rianimazione e occupare medici e reparto già in difficoltà… Sì, perché a Padova i reparti di rianimazione sono allo stremo: al colmo delle loro possibilità. La denuncia fatta in questi giorni dal responsabile dei reparti di rianimazione dell’Azienda Ospedaliera di Padova, Ivo Tiberio, definisce chiaramente quanto preoccupante sia il quadro della situazione. «Ormai siamo al limite: nella terapia intensiva centrale abbiamo 18 ricoverati su 18 posti letto, nella seconda terapia intensiva all’Ospedale Sant’Antonio, che abbiano dovuto aprire nei giorni scorsi visto l’aumento dei ricoveri, abbiamo 14 posti occupati su 18. Il tasso di occupazione si è alzato in quest’ultima settimana, a causa della decisa accelerazione del numero di infezioni». Eppure c’è ancora chi pensa di “ovviare” al contagio imbottendosi di vitamina D. Salvo poi ammalarsi gravemente e ricorrere alle cure ospedaliere…
No vax si imbottisce di vitamina D pensando di evitare il Covid
Già, perché è proprio quanto accaduto a un No vax 50enne di Padova, finito in terapia intensiva per “overdose” da vitamina D. E il bello è che il protagonista di questa assurda vicenda è tuttora un convinto anti-vaccino, mai pentito nonostante il ricovero d’urgenza all’ all’Ospedale Sant’Antonio di Padova. Dove i medici guidati dal professor Lorenzo Calò, direttore della Nefrologia 2, gli hanno salvato la vita dopo essere finito in insufficienza renale.
Va in insufficienza renale e finisce in dialisi
E non è tutto. Perché l’uomo, che ha contratto il Covid nonostante l’incongrua abbuffata di pasticche che lo hanno mandato in ipervitaminosi – con conseguente sindrome da insufficienza renale – è stato comunque trasferito nel reparto di malattie infettive. Dove, eseguiti gli esami del caso, è venuto fuori quanto riferito, tra gli altri, dal sito di Today.it. Ossia che il paziente in questione «aveva in corso un’intossicazione da calcio dovuta all’assunzione eccessiva di vitamina D. Con valori mille volte oltre la norma».
Poi il trasferimento in terapia intensiva
Il cinquantenne autodidatta anti-Covid, infatti, era arrivato ad autosomministrarsi circa 200.000 unità di vitamina D al giorno. Quando la farmacologia di riferimento generalmente prescritta ai pazienti deficitari di quella sostanza ne assegna la dose di 100.000 ogni 14 giorni. Risultato: le condizioni del No vax padovano sono ben presto precipitate. E i medici hanno dovuto spostare il 50enne in terapia intensiva, dove lo hanno sottoposto alla dialisi per ripulire il sangue e abbassare i livelli di calcio.
Eppure il paziente resta un No vax convinto e non pentito
Le sue condizioni preoccupano ancora i medici. E il paziente è costantemente monitorato. Eppure, come si diceva in apertura, il personale sanitario fa sapere che, nonostante tutto quanto accaduto, il No vax sarebbe ancora convinto delle sue scelte. Scelte che ricadono sui medici e sugli altri pazienti ricoverati, alimentando la gravità di una situazione definita dal primario di rianimazione dell’Ospedale di Padova, nello specifico, “al limite”.
L’allarme del primario della terapia intensiva per il reparto al collasso
«Nell’ultima settimana abbiamo ricoverato 15-20 persone – spiega allora Ivo Tiberio – per questo, siamo in costante contatto con la task force della Direzione dell’Azienda Ospedaliera per decidere se sarà necessario un nuovo adeguamento di posti in rianimazione, anche se non c’è dubbio che per effetto dei vaccino, il numero di ricoveri è decisamente inferiore a quello dell’anno scorso». E ancora: «Il vaccino è l’unico vero argine all’infezione, e i numeri lo testimoniano – spiega il dottor Ivo Tiberio – ad oggi nella terapia intensiva centrale abbiamo 13 ricoverati su 18 non vaccinati. Mentre al Sant’Antonio sono 13 su 14 i non vaccinati».
Quasi tutti i pazienti ricoverati sono No vax
Di più: spiega ancora il responsabile delle terapie intensive dell’Azienda Ospedaliera padovana: «La maggioranza dei ricoverati ha tra i 50 e i 60 anni. Ma abbiamo anche 40enni e pazienti ancor più giovani che non hanno altre patologie, ricoverati in rianimazione solo a causa del Covid: molti di loro dopo due-tre settimane di ricovero in terapia intensiva, ne escono molto provati, e capiscono di aver sbagliato a non vaccinarsi».
Il primario ribadisce: siamo allo stremo. L’unica arma contro il Covid è il vaccino
«Purtroppo, molti di loro sono stati strumentalizzati: così la loro paura nel vaccino si è trasformata in mancanza di fiducia causata da ideologie sbagliate. E così, alla mancanza del vaccino si aggiunge spesso anche la mancanza di protezione. È quindi necessario far capire a tutti che il vaccino, assieme alle norme igieniche, sono l’unica arma contro il Covid. Solo così potremo guardare con un po’ di ottimismo al prossimo Natale», conclude emblematicamente il primario.