Nuovi guai per Saviano. Insulta i giornalisti da cui ha copiato “Gomorra” e si becca una querela
Roberto Saviano, costretto a fare i conti con una sentenza della Corte di Appello che lo costringerà a ricalcolare tutti i proventi del suo libro “Gomorra” da dividere con i giornalisti ai quali ha copiato alcuni articoli, potrebbe presto finire a giudizio anche per diffamazione ai danni degli stessi. L0 annuncia, oggi, sulla pagine di Libero, il direttore di Cronache di Napoli e di Cronache di Caserta, i due giornali a cui lo scrittore aveva attinto a piene mani, Ugo Clemente, alla luce del tweet che Saviano ha scritto ieri per cercare di rintuzzare la sentenza della Corte di Appello che lo accusa di plagio.
Roberto Saviano ha copiato ma attacca i giornali che ha copiato
La verità, processuale, è che Saviano ha copiato, anche se lui nega. “Vedete, mi facevano talmente schifo quelle due testate che non ho voluto macchiare la mia penna facendo i loro nomi, loro sono il megafono dei clan e io ho svelato i loro i rapporti ambigui con la malavita”, ha scritto l’autore di “Gomorra“su Twitter. Ma allora perché aveva scopiazzato i loro articoli, senza citare la fonte? Mistero… “Mi chiamate ‘falsario’, ‘plagiatore’, ‘truffatore’, ma la verità è che vi ho sputtanato e questo non me lo perdonerete mai. Vi ho sputtanato e ne sono fiero!”, si scatena.
“Mi detestano -spiega ancora Saviano- da quando ho raccontato la vicenda di Enzo Palmesano (insieme a Nadia Toffa), il giornalista licenziato dal Corriere di Caserta (oggi Cronache di Caserta) per ordine di un boss di camorra. Ma mi detestano ancora di più perché in Gomorra ho citato due loro articoli senza indicarne la paternità ma scrivendo solo: ‘secondo giornali locali'”. Saviano contesta nel merito la vicenda, negando di essersi mai attribuito le parole di quegli articoli: “Furbescamente mi si vuol far passare per falsario -dice lo scrittore- ma chiunque abbia una copia di Gomorra in casa può verificare che non mi sono mai attribuito la paternità di quei due articoli vergognosi… Vedete, mi facevano talmente schifo quelle due testate, che esaltavano le gesta amatorie di Nunzio De Falco, mandante dell’omicidio di Don Peppe Diana, che definivano Don Diana ‘camorrista’, che non ho voluto macchiare la mia penna facendo i loro nomi”.
La reazione di chi ha subito il plagio dello scrittore
Saviano ha copiato? Certo, ma è falso anche che i copiati siano camorristi. “Noi collusi? Lottiamo la camorra da anni. Riceviamo minacce dai clan e al contrario di Saviano non abbiamo neanche la scorta”, spiega Clemente a Libero, prima di annunciare la querela. “Non è la prima volta che lo fa, così abbiamo contattato i nostri legali e abbiamo deciso di sporgere querela per la tutela della nostra immagine. Credo si tratti di una ritorsione per aver chiesto che venisse riconosciuto un nostro diritto”.
Clemente rintuzza anche le accuse di aver processato su quei giornali don Peppe Diana, martire della camorra. “Parliamo del parroco di Casal di Principe ucciso dalla camorra nel ’94, durante una guerra tra due fazioni opposte del clan dei casalesi. Dopo qualche tempo vennero arrestati i due presunti assassini, che in seguito sono poi stati condannati. Il procuratore capo di Santa Maria Capua a Vetere fece una conferenza stampa per raccontare i fatti e disse che Diana era stato arrestato perché custodiva le armi per conto di una fazione dei Casalesi. All’epoca Repubblica, il Corriere, il Mattino e altri riportarono questa tesi, che è esattamente quel che abbiamo fatto noi. Cronaca”.
I giornalisti senza scorta di cui nessuno parla…
Il direttore racconta poi di quando Saviano si era presentato in redazione, giovane e sconosciuto, per chiedere notizie su alcune inchieste di cui si erano occupati i due giornali, che gli sarebbero serviti per il libro, anzi, per un saggio, come disse all’epoca. “Conosceva Simone Di Meo, all’epoca un nostro giornalista. E ha iniziato a frequentare la redazione dicendo che gli serviva del materiale. Simone e altri colleghi della cronaca che si occupavano di camorra gli hanno fornito volentieri quel che gli serviva, tra sentenze e articoli. Naturalmente ricevendo la garanzia che avrebbe citato le fonti. Quando è uscito Gomorra, però, Simone Di Meo si è accorto che c’erano delle parti copiate… aveva bussato alla nostra porta perché sapeva quello facevamo, ovvero scrivere contro la camorra…”.
E come Saviano, forse più di Saviano, anche i redattori dei giornali copiati sono stati spesso nel mirino della camorra, ma non hanno mai avuto la scorta. “A due colleghe hanno incendiato la macchina. Un boss ha fatto un’intervista su un giornale online per minacciare un altro nostro giornalista. Zagaria e Iovine- che per intenderci sarebbero i Provenzano della camorra casalese – hanno chiamato in redazione da latitanti per dire a un nostro cronista “la devi smettere di scrivere stronz…… Non so chi siano gli eroi, se non questi”, conclude Clemente nella chiacchierata con Libero.