Pubble, un po’ di satira “cattivissima” contro la stupidità del politicamente corretto
Pubble non è lo pseudonimo di un’artista, ma il vero e proprio nome di battaglia di una ragazza capace di unire il talento creativo con una solida visione del mondo e la capacità d’interpretare le proprie convinzioni in relazione alla realtà oggettiva dei nostri tempi, usando le parole, i toni, gli accenti anche grevi del linguaggio comune e giovane. Valerio “ll Falco” Zekkini, vate indiscusso e indiscutibile dei Postcontemporanei, eleggerebbe senza esitazioni Pubble a sacerdotessa del Cattivismo, cioè, dell’unica forma accettabile, legittima e sublime della Satira.
Pubble, arriva “La politica senza veli”
La matita di questa disegnatrice – seguitissima sul web e celebrata in tanti canali “social” – non è “politicamente scorretta” in modo banale: è feroce, ferocissima tanto e quanto necessita la stupidità contro cui scatena il suo tratto, il suo elegante disegno, il suo stile che a tratti riprende il Manga nipponico, ma con un gusto tutto italiano. “La Politica senza veli” – 144 pagine tutte a colori, appena pubblicato da Ferrogallico – non è altro che il nuovo, ultimo capitolo di una narrazione che promette d’esser feconda ancora a lungo, nel mettere a nudo non solo e non tanto le contraddizioni del potere, ma la (non) logica stessa di un’intera società: quella dell’Occidente ormai priva di qualsiasi concreto e visibile punto di riferimento e che, normalizzando la “trasgressione” fino a elevarla a unica “normalità”, sottrae di senso e di sapore l’esistenza stessa.
Pubble e il valore della Tradizione
Pubble usa il fumetto come un’arma; per lei la comunicazione “social” è tattica; il Web diventa la concezione strategica di una sua personale guerra per la Tradizione, intesa non come rifugio eburneo nel passato, bensì come immersione piena e partecipata nelle contemporaneità per evidenziarne le contraddizioni abissali. Per altro, Pubble è ancor più scandaloso agli occhi dei più che s’agitano oggi nel panorama pseudo-intellettuale nostrano, avendo le stigmate dell’unione eterosessuale – per quanto solo sul piano artistico – tra la mano di Paola Ceccantoni e lo humor noir di Giuseppe Fiorenza. Un uomo e una donna che coordinano e armonizzano i loro differenti doni naturali, invece della solita, ossessiva competizione di genere. Insomma, una vera e propria vergogna, nella società “liquida” – ma sarebbe più corretto dire: liquidata” – in cui siamo tutti immersi fino al collo. E il cui odore – l’odore del “liquido” non è esattamente dei migliori. Un’ottima occasione per le strenne natalizie? Certamente sì, sempre che non si preferiscano i baci equivoci e “cool” firmati Dolce&Gabbana.