Caso Pamela, la famiglia: «In Cassazione ultimo atto. Ma Oseghale non è l’unico colpevole»
«Morte di Pamela, ultimo atto. Domani, 14 gennaio 2022, inizierà a Roma, nella sua città, il processo in Cassazione. Imputato: Innocent Oseghale, accusato e condannato, nei due precedenti gradi di giudizio, all’ergastolo, per aver violentato, ucciso con due coltellate, depezzato in più di venticinque parti, disarticolato chirurgicamente, decapitato, scuoiato, scarnificato, asportato di tutti i suoi organi interni, esanguato, messo in due trolley ed abbandonato sul ciglio della strada questa giovane ragazza di appena 18 anni, diventata troppo presto ed in maniera certamente innaturale (un genitore non può sopravvivere al proprio figlio, né un nonno ad una nipote) nostro angelo». È quanto scrive, in un post su Fb, la famiglia di Pamela Mastropietro, la 18enne romana allontanatasi da una comunità e i resti della quale furono ritrovati chiusi in due trolley a Pollenza vicino a Macerata nel gennaio 2018, alla vigilia dell’udienza in Cassazione.
Caso Pamela, la famiglia: «Oseghale unico colpevole? Secondo noi no»
«Oseghale unico colpevole? Secondo noi no – continua la famiglia della ragazza – Né quel maledetto 30 gennaio, né prima. E neanche dopo, perché sono diversi gli aspetti oscuri che non ci hanno convinto e, come noi, tanta gente. Ultimo atto, domani, dunque, come si diceva all’inizio. O forse no per quanto detto poco fa». I familiari di Pamela portano avanti una battaglia «che vede ad oggetto non una violenza di genere, come alcuni hanno sostenuto, ma una violenza contro il genere, quello umano. Una battaglia che continueremo, per come potremo, per aiutare altri, forti della nostra amara esperienza, affinché certi nemici (esteriori o interiori) vengano vinti».
Migliaia di messaggi
«Migliaia i messaggi ricevuti in questi quasi quattro anni, da quei tragici e demoniaci eventi, nei quali e con in quali avete reso e fattoci sentire Pamela la figlia, la nipote, la sorella, l’amica o la semplice conoscente, di gran parte d’Italia – prosegue la famiglia della ragazza – È per lei, ed è per voi, per la brava gente tutta, di ogni nazionalità, di ogni colore di pelle, di ogni latitudine, di ogni credo religioso o no, che domani, con la determinazione di sempre, saremo lì, davanti ai più alti giudici umani del nostro ordinamento, per avanzare, ancora una volta, la nostra, la vostra, richiesta di giustizia. Ci presenteremo lì come sempre, forti e dignitosi nel dolore, sanguinanti nel cuore e nell’anima, ma consapevoli che potremo forse riposarci un po’ e lenire qualche ferita, solo dopo che tutto sarà finito».