Colle, Conte e Di Maio divisi su Draghi. Ma se i voti di “Giuseppi” si saldassero al centrodestra…

26 Gen 2022 10:30 - di Francesca De Ambra
Conte

Più che ad una resa dei conti, Luigi Di Maio punta alla resa del Conte, inteso come Giuseppe, in teoria capo politico del M5S. Già da tempo i due si guardavano di sottecchi, ma ora la partita in corso sul Colle sembra averli distanziati ancora di più. Se n’è visto un assaggio nella recente riunione dei Grandi elettori grillini sotto forma di confronto assai serrato quantunque felpato nei toni. La questione è semplice: A differenza di Di Maio, che si è convinto all’idea, Conte non vuole Mario Draghi al Quirinale. Ragioni di stabilità, il caro-bollette, i venti di guerra ad Est e chi più ne ha più ne metta.

Conte rischia l’isolamento interno

In realtà Giuseppi è arrivato a tanto proprio per fugare i dubbi dei suoi che lo accusavano di puntare sull’elezione del premier al Colle quale via più breve per tornare alle urne. Ma, strano a credersi, gli stessi che ha accontentato accantonando quella soluzione gli rinfacciano il rischio di isolare il MoVimento qualora insiste nel suo veto a Draghi. È chiaro come il sole che qualcuno si stia divertendo a sobillare peones già di per sé atterriti dalla prospettiva di elezioni anticipate.

In tre contro uno

Chi? Tutti i sospetti portano a Di Maio, ma non solo. A dargli manforte, infatti, ci sarebbero anche Beppe Grillo (che Conte non l’ha mai veramente digerito) e Roberto Fico. Un fronte ampio e con molto seguito nelle truppe parlamentari. Pallottoliere alla mano, si stima che l’ex-premier controllerebbe sì e no una settantina degli oltre 230 Grandi elettori. Una contabilità nota anche ad Enrico Letta. È anche per questo che al vertice di ieri il leader dem si è permesso di stopparlo appena ha accennato ad opporre una rosa di centrosinistra alla terna di nomi proposta dl centrodestra.

Anche Letta lo snobba

L’impressione è che il Pd consideri Conte una semplice casualità, un incidente di percorso nella metamorfosi grillina. Ma sanno anche che sarebbe pericoloso tirare la corda più di tanto dal momento che, saldati a quelli del centrodestra, i suoi settanta voti potrebbero risultare decisivi dal quarto scrutinio in poi. Tanto più che i boatos di Montecitorio accreditano l’esistenza di una trattativa in corso con Salvini sul nome della Casellati che proprio i grillini, guarda caso, votarono già nel 2018 come presidente del Senato. In pratica, è come se Giuseppi disponesse della valigetta con la chiave per azionare la bomba atomica. Se vuole riemergere dal pantano in cui lo stanno affondando non ha che da girarla.

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