Colle, Conte è il leader delle retromarce e delle smentite. La paura di votare paralizza il M5S
Il ribaltone interno è arrivato ieri pomeriggio sotto forma di whatsapp sul telefonino di Enrico Mentana, impegnato nella consueta maratona tv sul Quirinale. È di Beppe Grillo e smentisce perentoriamente la notizia dell’endorsement del M5S in favore dell’elezione al Colle di Mario Draghi. Sotto il profilo dei friabili equilibri pentastellati, il messaggio del comico rappresenta un risarcimento per Conte e una sconfessione della linea di Di Maio, ormai arruolato in pianta stabile nel drappello ci chi vuole il premier al Quirinale. Ciò nondimeno, il whatsapp è liberatorio per tutto il MoVimento, attestato come un sol uomo a difesa della «stabilità». Le buone notizie per i grillini, tuttavia, finiscono qui.
Il M5S tra veline e veleni
Whatsapp a parte, infatti, il clima interno resta tossico. Troppe le voci in libertà, troppi i manovrieri occulti e troppi, infine, i battitori liberi. Conte tratta con i leader, ma è costretto ogni volta a guardarsi alle spalle per rintuzzare il veleno di giornata sotto forma di velina. L’ultima in ordine di tempo si è appalesata in piena notte e dava per certo il “no” dei 5Stelle alla candidatura di Pierferdinando Casini. Il tempo di scorrerla e subito è arrivata la smentita del capo politico. Com’è ormai chiaro da tempo, l’unico collante che tiene unite truppe dimaiane, contiane e battitori liberi è la paura di votare. I consensi a Mattarella stanno lì a confermarlo. Come pure la retromarcia innestata da Conte sull’ipotesi Casellati in accordo con il centrodestra, per quella che i giornaloni hanno subito presentato come la «spallata».
Conte costretto alla marcia indietro sulla Casellati
È bastato che un tweet di Enrico Letta evocasse la caduta del governo e le elezioni anticipate a far archiviare il progetto, anch’esso smentito. È un terrore, quello del ritorno alle urne, che paralizza i grillini. Un po’ meno Conte, più spaventato dall’effetto candela che segna la sua leadership: più tempo passa, più essa si consuma. Votare ora gli assicurerebbe una percentuale ancora ragguardevole (14 per cento, secondo i sondaggi), ma domani chissà. In alternativa, accarezza l’idea di tornare all’opposizione per recuperare agibilità politica. Ma anche questa soluzione è indigesta ai grillini, soprattutto a quelli raccolti intorno a Di Maio. Il M5S, insomma, è una pentola a pressione prossima ad esplodere. È solo una questione di tempo.