Covid, 57.715 contagi e 349 morti. Si spera nel vaccino universale, ma è ancora lontano. Ecco perché
Mentre i virologi frenano gli entusiasmi sulla possibilità di avere presto un vaccino universale contro tutti i coronavirus. Una fiala che possa proteggere dal Covid-19 e da tutte le varianti già note o future, il virus continua a circolare. E allora, i dati e i numeri del bollettino della Protezione Civile e del ministero della Salute indicano per oggi 57.715 nuovi contagi e purtroppo altri 349 morti. Vittime che vanno ad aggiungersi alle 146.498 registrate fin qui dall’inizio dell’emergenza. Riscontri effettuati a fronte di 478.314 i tamponi, tra molecolari e antigenici, che gli operatori hanno processato nelle ultime 24 ore. E che fanno rilevare un tasso di positività pari al 12%. Ieri erano stati 818.169. Infine, sul fronte ospedaliero i dati del bollettino quotidiano indicano per le ultime 24 ore la guarigione di 108.493 persone. Con i ricoverati accertati che sono 19.913: ossia 296 in più rispetto a ieri. Mentre le terapie intensive occupate sono 1.584, 9 in meno rispetto a ieri. Gli attualmente positivi sono quindi 2.592.606.
Covid, Pregliasco: «Vaccino universale? Ci vorranno anni»
Dunque, con la pandemia che ancora tiene tutti sotto scacco, ricerca e sperimentazione incalzano. Oggi i riflettori sono puntati sul vaccino universale. O meglio, sulla possibilità di ottenerlo a breve termine. Un tema che anima il dibattito, e su cui è intervenuto il professor Pregliasco che, a riguardo, ha dichiarato: «Ci sono diversi studi, ma ci vorranno anni. È una speranza, ma molto teorica», ha affermato l’esperto all’Adnkronos Salute. Aggiungendo a stretto giro: «Stiamo cercando di farlo da anni per l’influenza – ricorda il docente della Statale di Milano –. Se ne parla almeno dagli anni Novanta, ma non ci si è ancora riusciti».
«Interessante il candidato vaccino a nanoparticelle», da valutare però in «un prossimo futuro»
E ancora. «Ora c’è questo candidato vaccino a nanoparticelle – dice poi il virologo, riferendosi a uno studio di fase 1 sviluppato dagli scienziati del Walter Reed Army Institute of Research degli Stati Uniti. I cui test in vitro sono stati pubblicati su Science Translation Medicine – con plurime esposizioni dell’antigene Spike, anche con variazioni. E che dal punto di vista immunologico-teorico potrebbe essere interessante. Però secondo me – ribadisce Pregliasco – è da valutare in un prossimo futuro». A meno che non ci siano «grandi investimenti» a disposizione…
Andreoni conferma: «Il vaccino universale contro tutte le varianti è ancora lontano»
E che il vaccino universale anti-Covid contro tutte le varianti di Sars-CoV-2 sia «ancora lontano» lo conferma, sempre all’Adnkronos Salute, anche Massimo Andreoni, primario di infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit). «Ad oggi – aggiunge l’esperto – non ci sono dati scientifici sulla possibilità che si possa arrivare a questo vaccino. Rimane un auspicio per tutti, dalla comunità scientifica alle istituzioni, ma temo ci vorranno tempi lunghi».
Anche Pistello conferma: «Non lo vedremo certo ad ottobre nelle farmacie»
Considerazioni e valutazioni condivise anche dal direttore dell’Unità di virologia Azienda ospedaliera universitaria di Pisa e vicepresidente della Società italiana di microbiologia Mauro Pistello che, parlando a sua volta con l’Adnkronos Salute ha ribadito la ferma convinzione secondo cui «l’arrivo di un vaccino anti-Covid universale in grado di proteggerci da tutte le varianti è solo un auspicio. Non lo vedremo certo ad ottobre nelle farmacie. Ci vorrà un po’ di tempo».
«Si potrebbe sviluppare, ma senza la certezza assoluta che funzionerà»
L’ipotesi è di partire dai determinanti antigenici, ma il virus non è “scemo”, diciamo. Infatti questi determinanti sono anche quelli meno visti dal sistema immunitario e il virus “sfrutta” questa debolezza. Quindi – chiarisce il virologo – in linea teorica si potrebbe sviluppare un vaccino universale ma non abbiamo la certezza assoluta che funzionerà. Ovvero, se ci sono determinanti conservativi che inducono una risposta immune che ci protegge, sulla carta – conclude – ci sono quindi i presupposti per un vaccino universale. Ma non me li aspetto da qui ad ottobre».
Clementi: «Un vaccino universale è difficile, ma sarebbe interessante svilupparne uno “invernale”»
«È molto difficile un vaccino “pan coronavirus”, perché i coronavirus sono tanti e sono anche geneticamente molto differenti nei loro diversi gruppi. Se come vaccino pan coronavirus si intende invece un vaccino contro il gruppo della Sars, cioè contro quelli che si chiamano sarbecovirus, allora direi di sì, che è un obiettivo possibile». A spiegarlo, sempre all’Adnkronos Salute, questa volta è Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di microbiologia e virologia dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Il quale spiega che, arrivare a uno “scudo” contro tutti i coronavirus «la vedo un’impresa più problematica. Ma l’altra cosa interessante di cui si è parlato a proposito dei vaccini – riflette l’esperto – è svilupparne uno che includa il gruppo dei coronavirus tipo Sars e correlati, ma anche altri virus respiratori. Cioè un vaccino attivo nei confronti di più infezioni respiratorie. Quindi un vaccino unico che potrebbe essere il solo che facciamo per l’inverno: cioè anche anti-influenza e anti-adenovirus. E per i bambini anche contro il virus respiratorio sinciziale».