Da colomba a falco: Giorgetti sfida Draghi su Super green pass e obbligo: «Noi contrari»

5 Gen 2022 9:10 - di Michele Pezza
Giorgetti

Le nubi addensate sul governo in vista del Consiglio dei ministri di oggi annunciano tempesta. E che tempesta! Di sicuro c’è che questa volta l’ombrello del prestigio personale di Mario Draghi potrebbe non bastare a scongiurarla. Prova ne sia che a minacciare sfracelli se il premier non cambia registro sul Super Green Pass per i lavoratori è addirittura Giancarlo Giorgetti, il ministro che in questi 11 mesi ha rappresentato più Draghi presso Salvini che non la Lega nel governo. Beh, ora non è più così: la colomba si è fatta falco e per tutta la giornata di ieri ha tenuto il vertice pre-Consiglio sulle montagne russe. La sua posizione è ormai la fotocopia di quella di Salvini: «No al Super Green Pass, non all’obbligo vaccinale».

Giorgetti ha ricevuto l’aut-aut di Salvini

È la stessa linea adottata dai 5Stelle. Per un giorno si rinsalda il vecchio asse giallo-verde. A dar retta a quanto scrive Repubblica, alla base dell’indisponibilità di Giorgetti ad aderire alle soluzioni prospettate dal premier per venire a capo della pandemia (ieri 170mila contagi e nuovo allarme sulla tenuta degli ospedali) ci sarebbero tre ordini di motivazioni. La prima è tutta interna alla Lega e originerebbe da un secco aut-aut di Salvini al ministro-colomba: «O ti allinei alle posizioni della Lega o ti sconfesso pubblicamente». La seconda ha anche fare con le esigenze aziendali di quegli industriali, soprattutto nel settore della logistica, che temono di non riuscire a sostituire i lavoratori No-Vax.

Oggi si riunisce il Cdm

La terza, infine, è tutta politica e si condenserebbe nel convincimento dello stesso Giorgetti circa l’esaurimento della spinta propulsiva delle ragioni che circa un anno fa portarono alla nascita dell’attuale esecutivo. Non è poco se si considera che fu proprio lui a convincere il riluttante Salvini a far convergere la Lega su Draghi. Ma tant’è: a tre settimane dal primo voto del Parlamento sul Quirinale, per la prima volta il governo sembra annaspare tra mediazioni impossibili, fughe in avanti e pretese inaccettabili. Il decisionismo è una pratica che va introdotta sin dall’inizio e Draghi non l’ha fatto. Ora, però, una mediazione al ribasso suonerebbe come svendita degli interessi generali alle sue ambizioni quirinalizie. Sì, è davvero una brutta tempesta quella minacciata dal decisivo vertice di oggi.

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