Francia, la Le Pen sicura di battere Macron: «La mia vittoria è importante per l’intera Europa»
Pazienza se per attaccare Emmanuel Macron finisce per regalare un complimento a Mario Draghi, ma la politica vive di queste contraddizioni. E Marine Le Pen non ne è immune. Soprattutto quando la cucina interna finisce per sovrapporsi alla politica estera, ammesso che possa ancora definirsi tale quella all’interno della Ue. Fatto sta che parlando con il Foglio la bionda leader del Rassemblement National si lascia scappare che l’Italia ha portato a casa più soldi della Francia nell’ambito delle risorse del Pnrr. Un modo come un altro per sottolineare l’evanescenza dell’attuale inquilino dell’Eliseo, cui spera di succedere alle presidenziali del prossimo aprile. Sarebbe in realtà più esatto dire che ci conta, fino a dare alla propria vittoria un tocco d’ineluttabilità.
Marine Le Pen intervistata dal Foglio
«Macron è il candidato del globalismo (…), io sono la candidata della nazione, che significa sovranità e protezione», sintetizza lei soppesando bene le parole. È infatti convinta che a differenza di quanto accadde cinque anni fa, questa volta la sinistra degli esclusi non andrà a saldarsi con il paladino della globalizzazione. In fondo è su questa previsione che scommette la Le Pen. Questa volta, assicura, non ci sarà alcun «fronte repubblicano» a tenerla lontana dall’Eliseo. Né l’impensierisce il problematico condominio con Eric Zemmour su temi chiave come l’immigrazione. O la presenza nella competizione a destra di un’altra donna come la neo-gollista Valérie Pécresse.
La destra si presenta con tre candidati
E se il primo lo liquida come un maldestro apprendista («su sicurezza e immigrazione fa copia-incolla del nostro programma»), sulla seconda cala un bel tacer più eloquente di mille discorsi. Comprensibile, del resto, visto che tutti e tre – Le Pen, Zemmour e Pécresse – rischiano di pestarsi i piedi (specie i primi due) in bacini elettorali contigui. Su un punto la leader di Rn non ha bisogno di conferme ed è quando dice che la sua (eventuale) elezione non sarà importante «soltanto per la Francia, ma per l’Europa intera». Dovesse realmente vincere, è chiaro che nella Ue poche cose resterebbero come ora.