Funerale con bandiera nazista, la famiglia di Alessia Augello si dissocia: “Lei non lo avrebbe gradito”

11 Gen 2022 14:54 - di Lucio Meo

“C’è un solo modo di combattere il Male, quello di aumentare il Bene, e un solo modo di combattere l’Oscurità, quello di diffondere la Luce”, è l’ultima frase postata, a inizio dicembre, da Alessia Augello, detta “Tungsty” (forse da tungsteno, metallo particolarmente resistente), la militante di Forza Nuova alla quale qualcuno ha pensato di dare l’ultimo addio avvolgendo la sua bara in un drappo nazista.

Un oltraggio alla sua memoria e anche a quella delle vittime naziste, un gesto assurdo e deprecabile.
Un’offesa alla sua persona, alla sua militanza politica, alla sua sensibilità, secondo chi la conosceva bene, come i suoi  parenti stretti.

Alessia Augello e la bandiera nazista. “Lei non lo avrebbe permesso”

“La famiglia, gli amici e Alessia stessa scomparsa a Roma il 7 gennaio scorso prendono le distanze e si dissociano da quello che è accaduto all’esterno della chiesa di Santa Lucia dopo i funerali”, scrive su Facebook Stefania Vesica, la zia di Alessia Augello, dopo le polemiche sulla bandiera nazista appoggiata sulla bara della giovane donna al termine dei funerali, tenutisi ieri a Roma, da alcuni dei presenti.

Alessia Augello, a quanto pare, sarebbe morta per una trombosi conseguenza di una operazione chirurgica.

“Siamo addolorati per la perdita della nostra amata Alessia. Ci dissociamo totalmente dai fatti che si sono svolti all’esterno della Chiesa, dei quali non eravamo a conoscenza e che nemmeno Alessia stessa avrebbe in nessun modo condiviso né apprezzato. Non avremmo mai permesso né autorizzato quanto poi è successo. Chiediamo ai giornalisti e a tutti quanti, vista la gravità della nostra perdita di rispettare il nostro dolore e il nome di Alessia Augello”, il messaggio della famiglia.

Anche il Vicariato prende le distanze: “Non ne sapevamo nulla”

Il Vicariato di Roma “deplora con fermezza quanto accaduto ieri, davanti alla parrocchia di Santa Lucia, alla totale insaputa del parroco don Alessandro Zenobbi e di tutto il clero parrocchiale, al termine della celebrazione di un funerale, avvenuta senza alcun segno o manifestazione che facesse presagire ciò che è accaduto subito dopo”.

“Il giorno lunedì 10 gennaio alle ore 14.30, infatti, nella parrocchia di Santa Lucia (via omonima, nei pressi di piazzale Clodio) è stato celebrato un rito delle esequie; alla fine, all’esterno della chiesa parrocchiale, un gruppo di persone ha coperto la bara con una bandiera con la svastica nazista – simbolo orrendo inconciliabile con il cristianesimo – e intonato grida e compiuto gesti riconducibili a tale ideologia estremista. La strumentalizzazione ideologica e violenta, ancor più quella che segue un atto di culto e in prossimità di un luogo sacro, per la comunità ecclesiale di Roma e per tutti gli uomini di buona volontà della nostra città rimane grave, offensivo e inaccettabile”, sottolinea il vicariato confermando la presa di distanza da parte della parrocchia arrivato nello stesso pomeriggio di ieri “Quanto si è verificato all’esterno della chiesa – scrive don Zenobbi – è avvenuto senza nessuna autorizzazione né del parroco né del sacerdote celebrante, entrambi all’oscuro di quanto stava per accadere. A tale proposito intendiamo esprimere la nostra profonda tristezza, delusione e disappunto per quanto si è verificato prendendo le distanze da ogni parola, gesto e simbolo utilizzati all’esterno della chiesa, riconducibili a ideologie estremiste lontane dal messaggio del Vangelo di Cristo”.

“La diocesi di Roma, nelle sue tante componenti ecclesiali, lavora da tempo con dedizione per formare, educare e così disattivare ogni meccanismo di odio, di contrapposizione, di tentazione violenta ideologica e discriminatoria. Assicuriamo l’impegno della nostra comunità cristiana nella preghiera per l’anima della defunta e nella vicinanza ai suoi familiari, che vivono il dolore del distacco terreno”, conclude la nota del Vicariato.

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