Governo spaccato, il nucleare fa deflagrare la maggioranza. Draghi tace, Salvini pensa di sfilarsi
Governo più spaccato che mai, a rischio deflagrazione, è il caso di dire. Sotto la poltrona del premier Draghi c’è una centrale nucleare, metaforicamente, pronta a far scoppiare i pezzi della sua maggioranza. Il dibattito sull’atomo è il punto di rottura vistoso di un governo diviso. Prova provata ne sono il silenzio di Dragi nel merito e le ambiguità che ne conseguono su come affrontare la crisi energetica e il caro bollette che sta traumatizzando gli italiani. Di fatto sull’energia non si sa quale sia la strategia di Draghi. Ne sa qualcosa Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica: “ogni volta in cui ha fatto una timida apertura in favore del nucleare di quarta generazione (tecnologia che diventerà operativa tra vent’ anni o forse più), l’ala giallorossa della maggioranza lo ha aggredito. E il premier non ha speso una parola per difenderlo”, osserva Fausto Carioti su Libero.
Governo spaccato sul nucleare. Draghi tace
Il M5S non vuole sentire parlare di nucleare e neppure il Pd. Solo la Lega spinge per abbracciare questa scelta. Non si potrà fare a lungo finta che il problema non esista. Con il gas che rincara del 42% e l’elettricità del 55% è impossibile voltarsi dall’altra parte. È stato Matteo Salvini a entarare con ui piedi nel piatto. “Draghi con chi sta? Col passato o col futuro?”. Domanda tranchant, che secondo un retroscena sul Corriere della Sera, fotografa qual è lo stato dei rapporti tra la Lega e il presidente del Consiglio all’indomani del Consiglio dei ministri che ha varato l’obbligo vaccinale per gli over 50.
Governo, quella “freddezza” tra Salvini e Draghi: i retroscena
Rapporti di “freddezza”, scrive il quotidiano di via Solferino, “se non di distacco crescente”. Il Cdm che ha preceduto l’Epifania è stato uno spartiacque. “Secondo la Lega, mercoledì «Draghi non ha fatto il Draghi». La spiegazione arriva da un dirigente di lungo corso del Carroccio: «Noi siamo entrati nel governo perché garantiti dal presidente del Consiglio, una figura autorevole in grado di decidere senza piegarsi a compromessi. Se Draghi si riduce a fare il mediatore i conti non tornano più». Dal ping pong sull’obbligo vaccinale alla grande discussione che si sta facendo in Europa sul nucleare, il passo è breve. Enrico Letta è stato categorico: «Non ci piace la bozza di tassonomia verde che la Commissione Ue sta facendo circolare. L’inclusione del nucleare è per noi radicalmente sbagliata».
Nucleare, la Lega: «Draghi con chi sta? Col passato o col futuro?»
E’ stato allora che Salvini ha denunciato «l’ asse Pd-Cinque Stelle per frenare lo sviluppo del Paese; e far pagare agli italiani le bollette più care d’Europa». Ricordando a denti stretti che «i reattori attivi nel mondo sono ormai ben 542, oltre cento solo in Europa, oltre cinquanta solo in Francia». Dunque, ha porto la fatidica domanda: «Draghi con chi sta? Col passato o col futuro?». Draghi non risponde. L’ex premier Giuseppe Conte fa sapere che «Nucleare e gas non aiutano l’Europa né sulla strada dell’indipendenza, né su quella della stabilità dei costi. Noi non cambieremo posizione». Il governo in materia è una polveriera. Salvini da un lato litiga con gli altri partiti della maggioranza, ma dall’altro ci dialoga per questioni quirinalizie.
Governo, i ministri della Lega pronti a sfilarsi con Draghi al Colle
E qui iniziano i dilemmi della Lega, secondo il retroscena di Libero. “Nel caso in cui il successore di Sergio Mattarella fosse Draghi. Ma, probabilmente, anche nell’eventualità toccasse a un altro, nella Lega alcuni ministri si sono detti pronti (o rassegnati) a fare gli scatoloni già a fine mese. E l’ipotesi che il Carroccio raggiunga Fratelli d’Italia all’opposizione, lasciando alla cosiddetta “maggioranza Ursula” (Pd, M5s, Fi) l’incombenza di sostenere il nuovo governo, è tutt’ altro che residuale”, scrive Salvatore Dama.
Rebus Quirinale
Con gli accordi sul Quirinale deve essere pianificata anche la prosecuzione dell’esperienza del governo. “Un’ipotesi in campo è quella che, con Draghi al Quirinale, a palazzo Chigi possa sedersi proprio Giorgetti. Ma contemporaneamente si stanno facendo avanti, con discrezione (più o meno), anche Dario Franceschini e Luigi Di Maio. Anche se la via più facile sarebbe la soluzione tecnica, con la promozione dei ministri Franco o Cartabia. Ma, a quel punto, senza il sostegno del Carroccio”.