Il risiko di Palazzo Chigi se Draghi andasse al Colle: i ‘desiderata’ dei partiti in cerca di garanzie

21 Gen 2022 11:10 - di Adriana De Conto
Palazzo Chigi

“Partita doppia”, titolano in molti. A pochissimi giorni dalla prima chiama per eleggere il nuovo capo dello Stato, la vicenda Quirinale si intreccia strettamente con la partita per il governo.  Dato per scontato che, al momento, l’ipotesi che Draghi si trasferisca sil colle più alto sia in ascesa, ora tutti i partiti della colaizione vogliono sapere e rassicurarsi cosa ne sarà della legislatura. E soprattutto chi prenderà possesso di Palazzo Chigi. I partiti parallelamente, tessono la tela per quest’altra delicatissima partita, vogliono arrivare preparati al dopo-Draghi. E vogliono garanzie. Una sorta di contropartite.

Chi sono i papabili per sostituire Draghi a Palazzo Chigi

C’è bisogno di un patto su un nuovo governo, «meno tecnico e più politico». E il premier dovrà essere una figura larga, istituzionale. In pole position, partono il ministro della Transizione digitale Vittorio Colao e la ministra della Giustizia Marta Cartabia. Il retroscena della Stampa sottolinea la competenza del primo per “la messa a terra”, quest’anno,  del Pnrr e per la revisione del patto di stabilità in Europa. Il nome di Marta Cartabia potrebbe attirare l’ ostilità da parte dei 5 stelle per lo scontro sulla riforma della giustizia. “Ma potrebbe comunque essere un buon nome di raccordo visto che, per molti di loro, l’incidente sulla prescrizione è superato. “Partono con meno chance, ma non si sa mai, sia Daniele Franco che Enrico Giovannini“. Inutile dire che Draghi si fida moltissimo del ministro dell’Economia da lui scelto. Non farebbe “impazzire” gli altri partiti. Colao, ora ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti , “è sostenuto dal Pd. Il che non basta per essere scelto”.

Palazzo Chigi: le smanie per i ministeri di Lega, Pd e M5S

Ma non è solo il numero uno a Palazzo Chigi – sempre nell’ipotesi che il Parlamento converga su Draghi al Colle- ad alimentare retroscena. Fanno gola alcuni ministeri-chiave:  Interni, Difesa, Esteri ed Economia. Nel passaggio da Conte a Draghi nulla cambiò. Ma ora il patto sul Quirinale chiama Palazzo Chigi.  Il leader della Lega Matteo Salvini ambirebbe a ritornare al Viminale. O lui o l’attuale sottosegretario Luca Molteni.  «È una provocazione», si stizziscono dalle parti del Pd.”Enrico Letta fu premier ai tempi dell’operazione Mare Nostrum, quando l’Italia andava a salvare i migranti in mare: non può davvero cedere davanti a una richiesta del genere”: è lo scenario che trapela nel retroscena.  Secondo il quale  “Per i 5 stelle invece non ci sarebbe alcun problema. Almeno per la parte più a destra del Movimento”.

Risiko di Palazzo Chigi: “Si insiste su l”arrivo di una donna dem”

Ci sono altri “desiderata” che sarebbero emersi nelle indiscrezioni dei vari colloqui incrociati di questi giorni. Ci sarebbero “l’ingresso del coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani nel governo: a sostituire una pattuglia considerata più vicina a Draghi che a Berlusconi (Maria Stella Gelmini, Mara Carfagna, Renato Brunetta)”. Il M5S auspica la sostituzione di Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica, con qualcuno più fedele ai 5 stelle delle origini.  Si insiste su “l”arrivo di una donna dem”, che potrebbe avere i contorni di  Paola De Micheli: di ritorno ai Trasporti al posto di Giovannini. Ma “nel Pd più d’uno storce il naso: «Letta non l’ha messa nemmeno in segreteria!». Ci sono forze nuove da mettere in campo, se serve. Almeno così assicura chi se ne occupa”. Il tutto rende la partita molto complicata. Non a caso un fine editorialista come Fausto Carioti titola il suo pezzo su Libero: “Il rebus che ostacola il trionfo di Mario è in nuovo esecutivo“.

Le contropartite per appoggiare Draghi

“Salvini  vorrebbe convocare al più presto un vertice dei leader, per capire se davvero è possibile abbozzare, nei pochi giorni che restano, l’ossatura di un esecutivo forte: nel quale i capi dei partiti della maggioranza siano presenti più o meno tutti. A quel punto, la guida potrebbe andare anche a un tecnico caro a Draghi: Vittorio Colao, Marta Cartabia o Daniele Franco”. Discorso a parte per i cinquestelle: “Pure Conte, con tutta l’ostilità che nutre nei confronti di Draghi, è tentato dall’offerta: se non altro perché gli darebbe l’opportunità di tornare al governo: (tra le caselle da riassegnare potrebbe esserci anche il ministero della Giustizia).  Lo scoglio è Luigi Di Maio, che va spiegando agli altri leader: «L’unica soluzione che può tenere insieme il movimento, a questo punto, è la conferma di Mattarella». Bel ginepraio.

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