Minzolini: Grillo inghiottito dalla palude del grillismo. E nel M5S spuntano i “pentiti”
Ci mancava solo l’indagine su Beppe Grillo ad alimentare il caos nel M5S. Con i parlamentari che si dividono sul caso del fondatore e diventano addirittura garantisti, ripudiando la legge sul traffico di influenze che è proprio una creatura grillina.
E mentre i giornali parlano di nemesi, tranne Il Fatto che nasconde la notizia in prima, tra i pentastellati cresce lo sconforto. «Che ne uscirà pulito non c’è alcun dubbio – ragiona con Repubblica un parlamentare – ma magari succederà tra cinque anni, nel frattempo è una mazzata tremenda per lui e per il M5S».
Francesco Silvestri, tra i firmatari della proposta di legge dei 5 Stelle sul lobbying, nega che vi siano imbarazzi mentre i senatori della commissione Lavori pubblici e trasporti con una nota condivisa mettono le mani avanti: «Da quando il M5S è in Parlamento, Grillo non ha mai messo bocca neanche su mezzo emendamento, né su nessun altro passaggio dei lavori in commissione. Per quanto riguarda Moby, nei confronti dell’azienda c’è stato un approccio paritetico a quello di tutte le altre realtà analoghe. Chi segue i lavori della nostra commissione sa bene che la componente del M5S non è solita lasciarsi condizionare da soggetti esterni».
Nelle chat pentastellate però – avverte il Messaggero – ci si divide. E tra i big spuntano anche i garantisti perché – questa la tesi di molti M5s – «siamo stati proprio noi a rafforzare il reato di traffico d’influenze. E abbiamo fatto male». La preoccupazione è che possano venir fuori i messaggi che il fondatore M5s si è scambiato con i parlamentari, nella convinzione comune, tuttavia, che «ogni accusa cadrà nel nulla».
Sul Giornale Augusto Minzolini ironizza. “L’Elevato – scrive – è stato inghiottito da quella palude che è al confine tra politica e società e che ha dato modo alla magistratura di aumentare la sua influenza. È la conferma che il tritacarne non finirà mai. Che una certa mentalità, che punta a «criminalizzare la politica» in tutte le sue forme, ormai è entrata nella cultura, o «subcultura», del Paese. Al punto che ne pagano il fio anche i «puri» di turno, quelli che hanno avuto la bella idea di creare un partito sul giustizialismo”.
“Questo magma culturale – prosegue Minzolini – è il richiamo della foresta da trent’ anni per certi mondi. Quelli che gioivano del linciaggio di Bettino Craxi e che ora, un po’ attempati, resuscitano l’anti-berlusconismo in tutte le sue forme, anche le peggiori, per bloccare la corsa del Cavaliere verso il Quirinale. Ma sono gli stessi che si sono scagliati contro Renzi o contro Salvini. Mondi che non hanno più seguito (le manifestazioni anacronistiche del Popolo Viola vanno deserte), ma che continuano ad avere peso nei media e, soprattutto, nel meccanismo mediatico-giudiziario che da decenni punta a condizionare il Paese”.