Non solo FdI, anche i costituzionalisti contro Fico: “Vulnus alla democrazia se i positivi non votano il Presidente”
“Se i positivi non votano si crea un vulnus alla democrazia”. Dai costituzionalisti è un coro unanime contro le parole del presidente della Camera Roberto Fico, che domenica ha dichiarato che “in questo momento i positivi a norma di legge non possono votare” per eleggere il presidente della Repubblica.
Ben tre presidenti emeriti della Consulta (Morelli, Mirabelli, Baldassarre) e un illustre costituzionalista come Giovanni Guzzetta sono concordi nel paventare i rischi di un Capo dello Stato eletto da un assemblea decimata. Una richiesta che Fratelli d’Italia porta avanti dalla prima ora e alla quale, in queste ore, si associato anche il leader della Lega, Matteo Salvini. Fino a ieri erano circa 40 i parlamentari positivi (29 alla Camera e una decina al Senato) e con l’aumentare dei contagi nei prossimi giorni si potrebbe assistere ad una competizione per il Quirinale decisamente condizionata dalle tante obbligate defezioni.
Da Morelli a Guzzetta, tutti i costituzionalisti avvertono Fico: “Vulnus alla democrazia”
Tutti i costituzionalisti interpellati dall’Adnkronos ipotizzano, nel caso prevalesse la linea di Fico, un ricorso alla Corte Costituzionale pressoché inevitabile. “Sarebbe opportuno far votare anche i parlamentari positivi al Covid. Il regolamento della Camera dovrebbe prevedere giuridicamente delle modalità che lo consentano”, altrimenti saremmo in presenza di “un vulnus alla democrazia”. Così Mario Rosario Morelli. “Ricordo che quando ho presieduto la Corte Costituzionale – aggiunge il successorre di Cartabia alla guida della Consulta – abbiamo in pochi giorni messo a punto un sistema di udienze, parte in presenza e parte da remoto, sia per i giudici che avessero problemi di Covid, sia per gli avvocati. Anche nei talk show ci sono protagonisti in presenza e altri da remoto. Giuridicamente per la Camera non c’è nessun problema per consentire una modalità di voto di questo tipo, modificando il regolamento. Tecnicamente, poi, non so se ci sono i tempi per una modifica di questo genere. Oppure occorre trovare il sistema per consentire il voto in modalità di protezione anche a chi non è in condizioni di sicurezza, magari in un luogo sicuro all’interno della Camera. Questo è l’auspicio. Certo, i tempi sono difficili, il problema c’è, ma limitare il voto solo a chi non è positivo non è opportuno, sarebbe un vulnus alla democrazia”. Quanto all’ipotesi che, vista anche la divisione dei partiti sul punto, dopo la scelta per il nuovo Capo dello Stato possano essere presentati dei ricorsi da parte del parlamentare positivo a cui è stato negato il voto, Morelli osserva: “In teoria, il parlamentare a cui viene impedito di votare potrebbe agire in tal senso. Ecco perché sicuramente è meglio risolvere il problema alla fonte, la democrazia ne uscirebbe vincitrice”.
Guzzetta: “Serve un decreto ad hoc per far votare i grandi elettori positivi”
Per Giovanni Guzzetta, professore di Diritto pubblico all’Università Tor Vergata, la strada maestra c’è. “Uun decreto ad hoc per permettere al grande elettore positivo di uscire dall’isolamento, e poi una disciplina parlamentare, perché questa è competenza del parlamento, per consentirgli di votare in sicurezza, sua e degli altri”.
Quanto all’ipotesi che, vista anche la divisione dei partiti sul punto, dopo la scelta per il nuovo Capo dello Stato possano essere presentati dei ricorsi da parte del parlamentare positivo a cui è stato negato il voto, Cesare Mirabelli (presidente della Consulta nel 2000) si chiede: “Cosa succederebbe se, nonostante il divieto, un parlamentare in quarantena si recasse alla sede del parlamento per partecipare alle operazioni. Gli sarebbe impedito in qualche modo l’ingresso? Mi chiedo, allora, se non sia opportuno riflettere su quali possano essere le modalità che consentano l’esercizio di questo diritto-dovere, libero ovviamente poi il parlamentare, le cui condizioni di salute gli impediscono di muoversi, di non partecipare, ma allora è una scelta propria del parlamentare, come può avvenire liberamente, e non un impedimento esterno alla sua volontà”.
Baldassarre: “Le parole di Fico? Non è all’altezza del suo compito”
Ancora più categorico Antonio Baldassarre, presidente della Consulta nel 1995. “Non c’è dubbio” che se si andasse al voto per il nuovo Capo dello Stato senza la partecipazione dei parlamentari positivi, “si potrebbe prevedere un ricorso davanti alla Consulta, anche se è auspicabile di no, però è possibile. Qui si dicono – osserva Baldassarre . delle cose per complicare la situazione anziché semplificarla, è una dimostrazione di incapacità, la dimostrazione che ci sono leader politici non all’altezza del loro compito. Sono brutale e forte in queste espressioni ma è assai imprudente quello che ha detto il presidente della Camera”. Una bocciatura unanime da parte dei costituzionalisti delle parole di Fico. Ci sono ancora sei giorni per correre ai ripari.