Quirinale, il bis ringalluzzisce il centro. Gli ex-dc puntano su Casini, ma alla leadership aspira Renzi
Rieccoli. E non è vero che a volte ritornano perché i democristiani, in realtà, non se ne sono mai andati. Ne siamo persino in overdose dopo la partita del Quirinale. Spuntavano ovunque: nei talk show, davanti a Montecitorio e sui giornali. A volte per un amarcord, altre per dispensare consigli o azzardare, seppur pacatamente e moderatamente, previsioni. In realtà, erano gli unici ad essersi presentati all’appuntamento con un candidato (Pierferdinando Casini), una strategia, un kingmaker (Matteo Renzi) e un’uscita di sicurezza (il Mattarella bis). Alla fine hanno vinto. E non tanto per la riconferma al Quirinale di uno di loro, quanto per l’effetto-tsunami sugli schieramenti scatenato dalla contesa presidenziale: centrodestra e centrosinistra sono ormai macerie.
La Meloni: «FI decida con chi stare»
In compenso, i gli ex-diccì gioiscono. E brigano succhiando seggi un po’ dall’uno un po’ dall’altro schieramento. A destra lavorano a staccare Forza Italia da FdI e Lega o, in subordine, a spaccarla confidando sulla voglia di centro che agita i cespugli fioriti in questi al sole del berlusconismo. Non per niente, in un’intervista alla Verità Giorgia Meloni abbia chiesto chiarezza: «Forza Italia decida con chi stare». Sull’altro fronte l’obiettivo sono i 5Stelle complice, in questo caso, lo spiccato senso per la poltrona di Luigi Di Maio. Il centro è così: coopta assecondando più i vizi che le virtù. In tal senso fa sua la lezione di Machiavelli che definiva gli uomini «fuggitori di pericoli» e «vogliosi di sicurezza». Non stupisce. In fondo, che cos’è lo stare al centro se non evitare, pur sfruttandole, l’irreversibile compromissione con la destra e la sinistra?
Dal bis al Quirinale al proporzionale
C’è poco da fare: la partita del Quirinale, gli ex-diccì, l’hanno giocata bene. Ne escono rafforzati e, soprattutto, attuali. Sono passati trent’anni dall’ultimo spruzzo elettorale (29,9 per cento) della Balena Bianca ma sembra ieri. Hanno un capo (detto senza offesa) in pectore, cioè Casini, e un aspirante tale (Renzi) che già si lecca i baffi al solo pensiero di tornare guidare un partito vero e non solo una sigla. Alla realizzazione del progetto della restaurazione neocentristi – Renzi lo ha fatto capire molto bene in un’intervista al Corriere della Sera – manca solo una legge elettorale proporzionale. Non sarà facile strapparla. Alla festa di Atreju anche Enrico Letta fece professione di fede nel maggioritario e nella democrazia dell’alternanza. Ma è un ex-dc anche lui. Perciò: occhio al bidone.