Ritorna D’Alema e fa subito infuriare quelli del Pd. Vuole rientrare? Letta chiude la porta (per ora)
“Si torna insieme col Pd – scrive Repubblica – D’accordo tutti, a cominciare da Pierluigi Bersani (che ha esortato: «Il campo progressista si dia una mossa») al segretario Roberto Speranza, al coordinatore Arturo Scotto. Tempi stretti per ricucire lo strappo: alla fine del percorso delle Agorà – le assemblee aperte volute dal segretario dem Enrico Letta per rilanciare il Pd – un congresso di “Articolo 1″ dovrebbe sancire la svolta. A maggio, all’incirca”.
Ma c’è una parte di quegli auguri dalemiani che ha irritato, e non poco, il Nazareno. Meritando persino la replica del segretario Enrico Letta. D’Alema definisce infatti la fase renziana del Pd, una «deriva disastrosa, una malattia che fortunatamente è guarita da sola, ma c’era. Pochi oggi potrebbero negare la fondatezza del giudizio sul rischio che quel partito cambiasse completamente natura nell’epoca renziana».
In pratica D’Alema si congratula con se stesso per avere capito che era il caso di andarsene, per tornare oggi, quando i tempi sono cambiati. Nel Pd quell’annotazione suscita profondo irritazione. Enrico Letta scende in campo: non c’è stata nessuna malattia, scrive su Twitter. E Renzi pure: mi dà del malato? Un’offesa ai veri malati che sono in ospedale… In pratica una bufera.
Gli ex renziani del Pd, riuniti nella corrente Base riformista che fa capo a Lorenzo Guerini e Luca Lotti, si risentono. Il coordinatore Andrea Romano giudica «grossolano, offensivo e controproducente il riferimento al renzismo come “malattia”. Comunque è una buona notizia che si prenda atto del fallimento della scissione di “Articolo 1”: non esiste sinistra di governo fuori dal Pd, che è partito plurale». E Gianni Cuperlo: «Di certo la “malattia” dem, per usare le parole di D’Alema, non è guarita da sola, ma è guarita perché c’è chi in quel partito è rimasto e ha combattuto a viso aperto anche per sconfiggere una linea sbagliata».
Finché arriva Enrico Letta, a rintuzzare le battute al vetriolo del transfuga D’Alema: “Il Pd da quando è nato, 14 anni fa, è l’unica grande casa dei democratici e progressisti italiani. Sono orgoglioso di esserne il segretario pro tempore e di portare avanti questa storia nell’interesse dell’Italia. Nessuna malattia e quindi nessuna guarigione. Solo passione e impegno”. La sinistra insomma fuori dal Pd non si salva. Il che non suona proprio come un benvenuto al lìder maximo in procinto di tornare nella casa madre.
Quanto a Matteo Renzi, si era tolto i sassolini già dal mattino con un’intervista al Messaggero: “Se i Dem di oggi pensano che il renzismo sia la malattia e D’Alema sia la cura sono contento per loro e faccio molti fervidi auguri. È il motivo per cui non sono più nel Pd: io credo nel riformismo, loro nel dalemismo”. Poi torna sul tema con un tweet pomeridiano: “D’Alema rientra nel Pd dicendo che chi lo ha portato al 40%, a fare unioni civili, ad avere unico governo con parità di genere, a creare più di 1mil di posti di lavoro è MALATO. Parole che si commentano da sole. Un pensiero a chi è malato davvero, magari nel letto di un ospedale”.
E’ bastato un mezzo annuncio di ricomposizione, dunque, per far deflagrare nel Pd il tutti contro tutti. Come sempre, come da copione. La sinistra litiga in ogni caso, quando ci sono le scissioni e quando ci sono le ricomposizioni.ma come, si chiede il senatore Andrea Marcucci, “D’Alema rientra nel Pd e parla di malattie? Lui è un esperto, avendone vissute e provocate molte fin dai tempi del Pci- Pds. Il Pd deve essere più ambizioso. La legislatura volge al termine. Ci sono le condizioni per un congresso costituente, dopo l’elezione del Capo dello Stato? Io penso di sì”.
“Ripensare il partito, modificare gli assetti organizzativi rendendoli più agili -continua- rileggere e attualizzare il discorso del Lingotto, allargare il perimetro a una nuova classe dirigente moderata e riformista, impedire ritorni al passato. Sono tutti obiettivi che un grande partito può e deve darsi, al di là del ritorno più o meno gradito di uno sparuto gruppo di dirigenti”.