Calciatrice della Pro Vercelli vuole giocare col velo: l’arbitro dice no e piovono accuse di razzismo
«Non è razzismo. L’arbitro voleva solo tutelare la sicurezza della calciatrice: quel velo era avvolto sotto il collo. Poteva secondo lui diventare pericoloso». Arriva la spiegazione dell’Aia (Associazione italiana arbitri) a Maroua Morchid, calciatrice 16enne di origine marocchina, che pretendeva di entrare in campo con l’hijab nella gara di calcio femminile, interrotta ieri a 5 minuti dal termine.
È accaduto durante la partita del campionato Under 19 di calcio femminile, tra Pro Vercelli e Accademia Torino, quando all’85’ le due squadre erano sul 2-2. Alla risposta della giovane nata a Vercelli, ma con genitori del Marocco, il direttore di gara ha deciso di interrompere la partita, seguendo alla lettera il regolamento che non consente copricapo “pericolosi” per chi li indossa o per qualsiasi altro calciatore. Nessun motivo “ideologico”. Per la stessa ragione, infatti, è proibito giocare ad esempio con una felpa con il cappuccio. Il velo o il cappuccio possono essere tirati da un calciatore avversario, provocando nell’ipotesi più estrema, persino uno strangolamento. Insomma, un principio esclusivamente a tutela della calciatrice. La ragazza, attaccato al velo, aveva anche uno scaldacollo.
La calciatrice rifiuta di togliere il velo, l’arbitro sospende la gara
Minuto 85’, il risultato è sul 2-2: per sostituire una giocatrice infortunata, la Pro Vercelli fa entrare Maroua Morchid. Alla ragazza, vercellese, il direttore di gara le dice subito: “Non puoi giocare con il velo”. Secondo le cronache locali, Maroua ha sempre giocato con l’hijab nel corso del campionato, senza alcun problema. Bisogna capire se indossato nella stessa maniera, con lo scaldacollo.
A quel punto, la giovane si è rifiutata. E le calciatrici di entrambe le squadre hanno chiesto lumi al direttore di gara. Il quale, riportano le cronache piemontesi, per tutta risposta ha sospeso la partita, attenendosi al regolamento. Probabilmente non era il velo, ma “quel velo” annodato in quel modo a creare problemi.
In un comunicato, la Pro Vercelli femminile ha espresso “la massima solidarietà e vicinanza a Maroua” e ringraziato gli avversari dell’Accademia Torino “per la vicinanza umana e la solidarietà sportiva espresse sin da subito”. Il tema della convivenza tra regolamento e usanze islamiche nello sport ha creato un vivace dibattito. A livello internazionale, infatti, la Fifa, dopo averlo messo fuori legge nel 2007, autorizza il velo dal 2014: una vera e propria e rivoluzione, visto che le donne di fede islamica possono giocare solo se completamente coperte. Va ricordato che l’Aia consente da anni di indossare il velo anche alle donne arbitro islamiche. Va tenuto presente, però, che l’arbitro a differenza dei calciatori, non è soggetto a falli di gioco come trattenute.
Che cosa dice il regolamento
Il regolamento prevede che «laddove vengano indossati copricapo», questi «non devono costituire alcun pericolo per il calciatore che lo indossa o per qualsiasi altro calciatore (ad esempio, con un meccanismo di apertura/chiusura intorno al collo) · non avere alcuna parte che si protenda fuori della superficie (elementi sporgenti)».