Covid, due anni dopo la denuncia più grave: “I medici sbagliano ancora le cure ai malati”
“Dopo due anni di battaglia contro il Covid una cosa mi sento di dire a chi ha scelto di non vaccinarsi: siete quelli che rischiano di più in caso di malattia, non aspettate ad andare in pronto soccorso, abbiate fiducia nella classe medica. Se chiederete aiuto troppo tardi, diventerà ancora più difficile curarvi perché nessun antivirale può essere efficace dopo dieci giorni. Ad alcuni medici di base che invece continuano a prescrivere ancora farmaci che si sono dimostrati dannosi dico: per favore, non lo fate”. Così al Messaggero Emanuele Nicastri, il direttore della Divisione di Malattie Infettive ad Elevata Intensità di cura dell’Istituto Spallanzani di Roma (nella foto, a destra, accanto al professor Vaia).
Covid, le cure sbagliate e le accuse ai medici italiani
“Dopo i pazienti cinesi e dopo Codogno – ricorda l’infettivologo – cominciammo a ricoverare persone che avevano collegamenti con la Lombardia e con Atalanta-Valencia, la partita che fece esplodere il contagio. Nei nostri reparti arrivavano intere famiglie, accoglievamo perfino i casi sospetti. E nella prima video call, il 5 febbraio 2020, con i colleghi di Wuhan, in cui parlammo delle condizioni dei due turisti cinesi, ricevemmo le iniziali informazioni che ci furono molto utili anche in seguito. Iniziammo così a usare il farmaco antivirale Remdesivir, che tutt’ ora usiamo. Poi utilizzammo il cortisone. Quella vicenda ci ha dato un modello. Nelle settimane successive prendemmo in considerazione anche altri farmaci, che però poi abbiamo accantonato perché abbiamo capito che, per l’evidenza scientifica, andavano abbandonati. Abbiamo avuto la capacità di essere critici con noi stessi, giorno dopo giorno, di fronte a una malattia del tutto nuova. Una capacità che purtroppo sul territorio spesso viene a meno anche oggi”.
I farmaci sbagliati nelle cure, secondo Nicastri
“Vedo utilizzare farmaci che non sono efficaci come l’idrossiclorochina – spiega Nicastri – E usano l’azitromicina: è un antibiotico, non va prescritto per una infezione che è virale. Così come non serve a nulla usare cortisone a domicilio, perché si peggiora la prognosi. Chi lo riceve a casa muore di più perché riduce la possibilità di produrre gli anticorpi che nel 95 per cento dei casi determinano la risoluzione della malattia. Il cortisone va usato solo quando il paziente inizia ad avere una insufficienza respiratoria e va ricoverato. Oggi abbiamo a disposizione antivirali per via orale, antivirali per via endovenosa, monoclonali. Per fortuna abbiamo molte armi che prima non avevamo. Quanto ai no vax, hanno fatto una scelta che non condivido in alcun modo, ma provo a mettermi nei loro panni senza giudicarli: se prendete il Covid – dice rivolgendosi a coloro che non hanno voluto vaccinarsi – non avete alcuna protezione, per cui non affidatevi a domicilio a cure contraffatte che non hanno supporto basato sull’evidenza scientifica. Non abbiate diffidenza della classe medica, noi accogliamo chiunque. Anche coloro che non hanno fatto un vaccino. Non condivido la vostra scelta, ma noi medici sappiamo come curarvi”.