David Rossi, la famiglia del manager contro il pm: falsità sul suicidio, la Procura di Siena incompatibile
La famiglia di David Rossi si scaglia contro il procuratore di Siena Nicola Marini, pm di turno all’epoca della morte dell’ex-manager che ieri, audito dai commissari dell’organismo parlamentare d’inchiesta, aveva raccontato come vi fosse 35 volte la parola “suicidio” nelle ricerche fatte dal capo della Comunicazione sul suo pc.
”Falsità”, replica la famiglia attraverso il l’avvocato Carmelo Miceli, legale della moglie di Rossi, Antonella Tognazzi, e della figlia di lei Carolina Orlandi.
“Il pm Marini, in modo incomprensibile, fa una sostanziale equiparazione tra il rinvenimento di file e la presunta esecuzione di ricerche da parte di Rossi, sul suo pc, con la parola ‘suicidi’ – contesta l’avvocato Carmelo Miceli. – Infatti stamattina ho letto su tutti i giornali che si è accreditata la tesi che avrebbe addirittura fatto 35 ricerche sul suo pc con la parola ‘suicidio’. La circostanza che il ritrovamento di file in un pc con quella parola possa essere identificata per ricerca è falsa e destituita di ogni fondamento“.
“Quello che è vero è che furono rinvenuti 35 file, di cui 23 email, nel complesso della vita del pc di Rossi, che facevano riferimento alla parola suicidio, ma in nessuno di questi documenti è mai stato dimostrato che abbia cercato la parola suicidio”, dice il legale.
”Quello che mi colpisce è che Marini riporti o acconsenta a una simile ricostruzione sulla quale, secondo gli atti che Genova rinvia a Siena, avrebbe dovuto fare ulteriori indagini – osserva Miceli. – La stessa polizia postale, infatti, circostanza incomprensibilmente omessa da Marini, sollecita l’assoluta necessità di compiere ulteriori approfondimenti anche in relazione alle attività effettivamente compiute attraverso quel pc e memorizzate sull’hard disk”.
“E’ incomprensibile che la postale e la procura di Genova abbiano chiesto ulteriori indagini e non solo questi atti non sono mai stati compiuti, ma viene addirittura data una lettura finalizzata a valorizzare ancora di più la tesi del suicidio“.
Miceli rivela che è stata ignorata una traccia, tra la finestra del quarto e del terzo piano, della sede di Mps a Siena, sulla quale non sono stati svolti approfondimenti ma che, se risultasse compatibile con la scarpa di David Rossi, potrebbe mettere in dubbio la tesi del suicidio dal terzo piano di Palazzo Salimbeni.
Il particolare è contenuto nella consulenza del Ris nell’ambito della seconda inchiesta sulla morte dell’ex-capo della Comunicazione di Mps.
“Perché Marini – si chiede il legale della famiglia di David Rossi – valorizza la comparazione merceologica che è stata fatta su tutte le tracce rinvenute sotto la finestra del terzo piano e invece dimentica di dire che c’è una traccia analoga che è stata rinvenuta sopra la finestra del terzo piano, esattamente tra la finestra del quarto e del terzo piano, e dimentica di dire che su questa traccia non è stata fatta nessuna indagine merceologica comparativa?”.
“Forse perché questa traccia, ove dovesse dare una comparazione positiva, smonterebbe la teoria del suicidio dal terzo piano?”, continua l’avvocato riferendosi a una traccia rilevata “nella consulenza Zavattaro nell’ambito della seconda inchiesta” sulla morte dell’ex-manager.
“E’ incomprensibile – ribadisce il legale – che Marini nulla dica su quella traccia ritrovata tra la finestra del quarto e del terzo piano, la cui natura era all’evidenza simile a quelle mandate in comparazione ma della cui comparazione merceologica non c’è traccia agli atti di indagine“.
“La sensazione è che Marini valorizzi tutto ciò che può portare ad accreditare la tesi del suicidio e dimentichi quello che invece tale teoria potrebbe demolirla“, prosegue.
“Mi auguro che Marini su questo e sugli altri punti emersi, chiarisca tutte le circostanze nella prossima audizione che è stata convocata dalla Commissione di inchiesta“, dice l’avvocato.
“Mi è apparsa assurda, incomprensibile, irrituale e non conforme al codice di procedura penale la motivazione che Marini ha offerto alla Commissione di inchiesta sulla mancata iscrizione nel registro degli indagati della persona che entra nel vicolo e guarda verso il corpo di David Rossi“, afferma Miceli riguardo alla persona che nel filmato di quella sera si vede affacciarsi nel vicolo.
“A rigor di codice, Marini avrebbe dovuto iscrivere un fascicolo contro ignoti, provare a identificarlo e comprendere le ragioni per cui non è intervenuto. E non supporre – sottolinea l’avvocato Miceli – per non si sa quale ragione, che quel tizio non avrebbe visto il corpo di Rossi né percepito il pericolo di vita”.
Allo stesso modo, secondo l’avvocato, “è assolutamente incomprensibile e irrituale il modo in cui Marini scarica sulla polizia giudiziaria la responsabilità per il mancato compimento di determinati atti di indagini, uno tra tutti, la mancata acquisizione delle celle telefoniche“.
“Qualcuno dovrebbe ricordare a Marini che il pm responsabile di guidare le indagini e coordinare le attività della polizia giudiziaria era lui – continua. – E’ gravissimo che ieri si sia tentato di far passare il compimento di quell’atto, ossia l’acquisizione dei tabulati, come comunque inutile”.
Infine il legale chiede: “Perché Marini si limita a riferire che non sarebbero state rinvenute sul pc immagini di festini e omette invece di dire che su quel pc erano state rinvenute immagini pornografiche e/o link di collegamento a siti di incontro che meriterebbero di essere approfonditi?”.
Di qui la conclusione con la quale il legale della famiglia di David Rossi sottolinea “l’incompatibilità ambientale di quella procura a trattare una eventuale istanza di riapertura delle indagini“.
L’atteggiamento di Marini mostra, secondo l’avvocato, “all’evidenza una mancanza serenità di giudizio e la mancanza di quella terzietà che dovrebbe avere il capo di una procura a cui dovrebbe essere indirizzata l’istanza di riapertura delle indagini:”.