Foibe, Draghi condanna “i partigiani slavi e i comunisti di Tito”. Casellati ricorda la martire Norma Cossetto
Un lungo applauso ha salutato l’ingresso nell’aula del Senato del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha partecipato alla celebrazione del Giorno del Ricordo delle Foibe e dell’Esodo Giuliano Dalmata, che si è svolta a palazzo Madama.
Alla ricorrenza, ricordata da un discorso della presidente dell’assemblea Elisabetta Casellati, ha presenziato anche il presidente del Consiglio, Mario Draghi che insieme al presidente Mattarella, alla presidente Casellati, in apertura hanno assistito all’esecuzione dell’Inno di Mameli suonato alla viola dal maestro Francesco Squarcia, che è stato cantato dai senatori presenti in aula.
Alla cerimonia, chiusa dall’intervento di Mario Draghi e alla quale hanno preso parte diversi ministri, il vice presidente della Camera Ettore Rosato, sono intervenuti il presidente di Federesuli, Giuseppe De Vergottini e il vicepresidente vicario dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Donatella Schürzel. Nel corso della cerimonia, conclusa dall’esecuzione dell’Inno alla Gioia, seguita sempre dal maestro Squarcia, sono state premiate le quattro scuole vincitrici del Concorso nazionale “10 febbraio ‘Per
Le parole di Draghi
“Il ‘Giorno del Ricordo’ – istituito nel 2004 – ci impone di fermarci e riflettere sulle terribili sofferenze vissute dagli italiani nell’Alto Adriatico intorno alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Oggi commemoriamo le donne e gli uomini uccisi per mano dei partigiani jugoslavi e del regime comunista di Tito. E ricordiamo tutti coloro che furono costretti a lasciare la propria terra. Le loro storie sono un avvertimento quanto mai attuale del pericolo rappresentato dai totalitarismi e dalla violenza politica. Perché quelle divisioni, quell’odio, quei soprusi non trovino mai più spazio in Europa”. Così il premier Mario Draghi, intervenendo nell’Aula del Senato per il Giorno del Ricordo.
“A distanza di oltre settant’anni, dobbiamo cogliere l’opportunità di questa giornata per continuare a indagare sulle cause profonde di quanto accaduto – le parole del presidente del Consiglio – . E dobbiamo continuare a costruire una memoria storica condivisa. Dobbiamo respingere ogni tentativo di strumentalizzazione per fini politici. Perché le vicende che oggi ricordiamo non possono essere un pretesto per provocazioni o propaganda. Le studentesse e gli studenti premiati ci ricordano che dietro alla storia ci sono le vite delle persone, i loro traumi; che senza partecipazione non può esserci memoria; e che tocca ai giovani trasmettere questa memoria alle generazioni che verranno”.
“Voglio congratularmi con voi per il vostro lavoro e per la grande sensibilità che avete dimostrato. La ricorrenza di oggi deve essere anche un’occasione per rafforzare i legami con i nostri vicini. Dobbiamo guardarci l’un l’altro con benevolenza e con rispetto. Non fare dei confini una causa di conflitto. Ed evitare che gli errori del passato diventino motivo di divisione o di risentimento. Quando ricordiamo le vittime civili delle persecuzioni avvenute in Istria, nella Dalmazia, nella Venezia Giulia, piangiamo anche la sconfitta di un mondo libero e aperto. Dove il mescolarsi di culture e lingue era fonte di ricchezza e di gioia. Dobbiamo continuare ad impegnarci per trovare terreno comune tra nazioni diverse. E l’unità nella diversità”.
Il ricordo di Norma Cossetto da parte della Casellati
Del dramma delle foibe sono “tante sono le storie umane che non si possono dimenticare. Come quella di Norma Cossetto: torturata, violentata da 17 aguzzini e infine gettata nuda in una foiba come un rifiuto. Il suo martirio è stato il martirio di centinaia di donne innocenti che ne hanno condiviso un orribile destino per il solo fatto di essere italiane”. Così il presidente del Senato, Elisabetta Casellati, intervenendo a Palazzo Madama alle celebrazione del Giorno del Ricordo.
“E poi ci fu l’esodo di quasi 350.000 persone; con ogni mezzo, anche di fortuna, pur di mettersi in salvo dalle paure, dalle incertezze, dal peso dell’oppressione. Una diaspora logorante, protrattasi fino alla fine degli anni ’50, che interessò più del novanta percento della popolazione italiana istriana, giuliana e dalmata. Una intera popolazione, con la sua storia, le sue tradizioni, la sua cultura, è stata costretta a lasciare la propria terra, diventata improvvisamente straniera e ostile”, ricorda Casellati.