Foibe, il libro di Menia alla Fondazione An: un incontro che ricuce «l’italianità dolorosamente strappata»
È un racconto di storie, che insieme fanno la Storia, il libro di Roberto Menia 10 febbraio, dalle foibe all’esodo. Un lavoro nel quale il padre della legge sul Giorno del Ricordo ha raccolto la vicenda di uomini e donne che hanno vissuto sulla propria pelle, che hanno pagato con la propria pelle, il dramma delle foibe e dell’esodo. Un libro «triste», come ha spiegato lo stesso autore nel corso della presentazione che si è tenuta presso la Fondazione An e in diretta sui social. Ma proprio per questo quanto mai necessario.
La vita della Nazione attraverso la vita degli uomini
«La grande storia è composta da tante microstorie, come la vita di una nazione». Dunque, Menia ci restituisce una delle pagine più tristi, drammatiche, della storia italiana, perché non vada persa, perché non possa essere negata, perché ci tramandi anche tutta la dignità e l’eroismo con cui questi italiani, massacrati dai titini e offesi in patria, affrontarono le «nefandezze» subite.
Il dovere di non tradire la dignità degli esuli
Nel corso della sua introduzione è stato, in particolare, il presidente della Fondazione An, Giuseppe Valentino, intervenuto insieme a Gianni Alemanno, Luciano Lucarini e Giuseppe Sanzotta al fianco di Menia, a ricordare che «gli esuli dalmati che ho conosciuto erano pieni di dignità, consapevoli delle nefandezze a loro danni, ma convinti che prima o poi si sarebbe scritte pagine di verità sulle vicende terribili che avevano vissuto». Per questo, «scrivere un libro come quello di Menia, ricordare agli immemori queste pagine di assoluta cupezza del dopoguerra italiano, che i vincitori fecero strame anche dei sentimenti più nobili, è un’opera meritoria, un dovere».
Il significato della presentazione presso la Fondazione An
E, ha chiarito Valentino, c’è un significato profondo nel fatto che la presentazione di 10 febbraio, dalle foibe all’esodo sia avvenuta proprio nei locali della Fondazione An, che non solo è il luogo «dove si intendono tutelare valori antichi, realtà che fanno parte nostra storia, del nostro passato, della storia italiana e destra italiana», ma anche è perché esattamente qui, in questo vecchio palazzo di via della Scrofa, che «gli esuli, che in quegli anni non trovavo ospitalità presso i grandi salotti del potere, venivano, presso uomini che non avevano sintonie con il potere dell’epoca e che li ospitavano, li comprendevano, esprimevano solidarietà». È dunque «con lo spirito di allora, che non è mutato – ha chiarito Valentino – che sono lieto che questo libro sia presentato dalla Fondazione An».
Non solo «un terribile rosario del dolore»
Ma nel libro di Menia non c’è solo il dolore, e insieme il coraggio, di storie come quella di Norma Cossetto o di Maria Pasquinelli. Non c’è solo l’orrore dei preti infoibati con le corone di spine, degli uomini decapitati, dei bambini morti di freddo nei campi profughi. Non c’è solo quello che Menia ha definito «una specie di terribile rosario del dolore e della sofferenza di queste terre». C’è anche quello che accomunava tutte le vittime delle violenze titine e degli oltraggi dei comunisti da questa parte del confine, quello che suscitò un odio così profondo: c’è l’italianità, fatta di cultura, di bellezza, di storia. C’è anche la meraviglia delle terre che furono teatri di quegli eventi cupissimi, che resiste nei secoli e nelle pietre, anche se ora portano nomi slavi.
Un libro per far «rifiorire l’italianità dolorosamente strappata»
«Il significato di questo giorno per me, e della legge che lo ha istituito, – ha chiarito Menia – non sta soltanto nella legittima esigenza della pietà e dell’onore verso questi morti e verso il sacrificio dell’esodo, ma anche in un’occasione di riflessione per tutti gli italiani. Perché essere italiani significa comprendere ogni piccolo tassello d’Italia, per questo a ogni fatto doloroso – ha chiarito l’ex parlamentare di An – ho abbinato il racconto del luogo in cui si è svolto: dalle meraviglie di Spalato, a Ragusa, Pola, la Dalmazia Veneziana, il Carnaro, la storia dei leoni di San Marco». «Ho voluto trasmettere una storia dolorosamente dimenticata non solo per le storie tristi, ma anche per il significato di quelle terre culturalmente, politicamente, storicamente italiane. La mia illusione – ha concluso Menia – è che seminando giustizia e verità possa rifiorire l’italianità anche laddove è stata ingiustamente strappata».