Il caro energia mette alle strette il governo, Cingolani: «Costerà più di tutto il Recovery»
«Il caro energia costerà in un anno più di tutto il Recovery Plan». Lo dice chiaramente il ministro della Transizione Economica, Roberto Cingolani, rilanciando un allarme che agita la politica e le famiglie e le imprese italiane, travolte dal caro bollette. Dunque, «il cosiddetto piano Marshall non è la soluzione di tutti i nostri mali. Dipende da come sapremo sfruttarlo», ha chiarito il ministro, spiegando che «non è tanto la mole finanziaria che deve metterci sull’attenti. È il fatto che il Pnrr è un piano integrato, che mette insieme diversi pilastri: digitalizzazione, infrastrutture, transizione ecologica, ricerca, inclusione».
Cingolani: «Il caro energia costerà più del Pnrr»
«È molto più di un grande piano industriale, ed è finanziato in parte a fondo perduto e in parte tramite prestiti», ha proseguito il titolare della Transizione ecologica, ammettendo in un’intervista a La Stampa di oggi di essere preoccupato per «il costo dell’energia» e per l’impatto che rischia di avere sul Pnrr. «Con un debito attorno al 160% del Pil, l’Italia – ha chiarito – non può sbagliare». Cingolani quindi ha chiarito che la transizione ecologica si deve affrontare «senza ideologismi» e «deve essere sostenibile sul piano ambientale e sociale». L’orizzonte che si è dato è quello del 2030, entro il quale «dobbiamo raddoppiare le nostre fonti rinnovabili». Ma ci sono da superare aspetti tecnologici e ideologici, fra questi ultimi anche le resistenze al nucleare. «Non vedo perché l’Italia non debba fare ricerca e sviluppo in questo settore», ha sottolineato.
Giorgetti: «Gli interventi tampone non possono bastare»
Dunque, l’Italia si trova in ritardo su un tema cruciale come quello dell’approvvigionamento, mentre il problema è già esploso drammaticamente. Anche il ministro per lo Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, è intervenuto sulla questione, avvertendo che «se il governo ha tamponato le ricadute dell’aumento sui consumatori con misure d’emergenza del valore di quasi tre miliardi, tali interventi di compensazione diverrebbero impossibili ove l’aumento diventasse strutturale». «Il problema dovrà pertanto essere affrontato con strumenti comuni, in un’ottica di lungo periodo», ha chiarito Giorgetti, sottolineando però che rispetto al rialzo dei prezzi dell’energia al consumo e per le imprese «per evitare ricadute sociali negative, la transizione energetica richiederà l’adozione di strumenti di sostegno dei settori energivori e della manifattura europea».
Meloni: «Berlusconi aveva una politica energetica, anche per questo fu rimosso»
È stata poi Giorgia Meloni, che da tempo allerta il governo sul caro energia, a ricordare che «il problema dell’Italia e dell’Europa è che non è esistita una politica strategica sul fronte energetico, dalla fine dell’ultimo governo Berlusconi». «Una delle ragioni per le quali Berlusconi fu rimosso, era proprio che aveva garantito, attraverso i suoi rapporti con la Russia e con la Libia, che l’Italia fosse autonoma nell’approvvigionamento energetico. Questo altri non lo potevano accettare. Da allora non c’è stata una politica energetica», ha detto la leader di FdI, in un’intervista al direttore di Rainews 24, Paolo Petrecca. «Sicuramente – ha proseguito – l’Italia può lavorare molto di più sull’estrazione di gas, su questo bisogna chiedere all’Europa di togliere i vincoli; sicuramente siamo ampiamente forniti di vento e sole, c’è il geotermico, fino ad arrivare al nucleare da fusione, che è un brevetto sul quale lavora Eni, primo al mondo».
Il Cav: «Bisogna risolvere il problema una volta per tutte»
Lo stesso Berlusconi, parlando a Radio Montecarlo, ha ricordato che «i rialzi eccessivi del prezzo dell’energia stanno producendo conseguenze drammatiche sulle famiglie e sulle imprese: sono a rischio migliaia di posti di lavoro e qualche Comune sarà obbligato a diminuire i servizi ai cittadini, come l’illuminazione pubblica o il riscaldamento nelle scuole». «Bisogna risolvere il problema una volta per tutte – ha avvertito il leader azzurro – perché l’Italia è il primo importatore di energia del mondo e dipende per il 94% dalle produzioni straniere». «È indispensabile aumentare la nostra produzione di gas e riprendere la ricerca sul nucleare», ha avvertito, sottolineando la necessità che il Paese si doti delle infrastrutture necessarie e «sfrutti al meglio gli impianti esistenti come il Tap». «Questo – ha concluso – dimostra quanto sbagliava chi per anni si è opposto alla sua realizzazione in nome di un ambientalismo del No, un ambientalismo dei divieti davvero superato dalla storia».