Il Pd terrorizzato, pure Bettini si appella alla Lega: «Meloni illiberale, Salvini ne argini la forza»
Goffredo Bettini ha rilasciato un’intervista al Foglio, che l’ha richiamata in prima con la testatina “Parla Bettini”. Ed è una sintesi azzeccatissima, al di là delle esigenze tipografiche di spazio. Perché basta scrivere “parla Bettini” e già si sa che sarà una lettura gustosissima, anche a prescindere dalle strategie indicate da questo politico di lunghissimo corso e solidissima pratica. “Parla Bettini” e dice di sé cose che fanno rimpiangere, a chi deve dar conto delle sue parole, di doversi concentrare su quel che dice di Pd, Lega, FdI, Draghi e scenari futuri. “Parla Bettini” e ci si vorrebbe soffermare solo sulla risposta alla domanda finale: «Chi è Bettini?», «Forse nulla di più che un generoso». “Parla Bettini” e vien voglia di fare l’esegesi incrociata delle risposte in cui dice che «non sono un megalomane. So benissimo quale è il mio posto negli avvenimenti» e poi, poco dopo, che «voglio fare i conti con la mia storia e indicare una strada alla mia parte politica».
L’asse tra Bettini e Franceschini per fare fuori FdI
Epperò, “parla Bettini” e quel che dice nel merito della politica non si può lasciare in secondo piano, perché, anche se lui le rifiuta come «insopportabili e false», tutti sanno che le definizioni di «stratega» o «papa» del Pd non sono campate in aria. Dunque, quando “parla Bettini”, cosa dice di politica? Conferma quello che ormai è chiaro da tempo: nel Pd c’è chi è impegnato nel tentativo di creare una sorta di nuovo arco costituzionale, cercando di mettere all’angolo FdI con le lusinghe alla Lega. Il front man di questa strategia si è dimostrato essere Dario Franceschini, che ha rilasciato già alcune interviste in questo senso e che non a caso Bettini annovera fra le persone del partito con cui spiega di avere maggiore «confidenza politica». Il ministro della Cultura è il primo nome, poi ci sono Andrea Orlando e Nicola Zingaretti.
Il Pd disperato si appella a Salvini
Se due indizi fanno una prova, Bettini parla e dice che quello con Franceschini è un asse politico, che c’è una precisa strategia. Entrambi vogliono dire alla Lega cosa fare, come per esempio accettare il proporzionale. «Lo rivendico. Non mi permetto di dare lezioni, ma mi sembra che (Salvini, ndr) abbia due strade. Una tattica: presentarsi con l’attuale schema. Un’altra è strategica: arginare la forza della Meloni e autonomizzarsi», spiega Bettini.
L’attacco di Bettini a Meloni
Meloni, sostiene Bettini, è illiberale. E lui, che in un altro passaggio dell’intervista ha detto che il suo anelito è «conservare la libertà», chiaramente con «la forza» che «può prendere vie illiberali» ha qualche problema. E se c’è un partito che oggi è davvero forte, quello, è FdI. Bettini lo ammette qualche risposta più avanti, quando il cronista gli chiede se «la forza della Meloni è autentica». «Mai un partito di destra si era avvicinato al 20%. È un campanello d’allarme», risponde, bollando come «stantia» la polemica sull’allarme fascismo. «Ma FdI è una forza che si rifà a concetti illiberali. Sia chiaro c’è una sapienza da parte della Meloni nell’agitarli», dice Bettini, che si dimostra più acuto degli altri, prendendo atto del fatto che decenni di allarme fascismo non hanno raggiunto l’obiettivo di marginalizzare la destra. E non lo raggiungeranno neanche ora.
Il sogno di una «grande coalizione» dopo Draghi
Serve altro, serve un cambio di strategia. Serve, soprattutto, trovare una stampella, perché ormai è chiaro che il Pd, neanche con il sostegno di tutto il baraccone della sinistra politica, sociale e culturale, ce la può fare, né in termini di impatto sulla società, né in termini elettorali. Ed è qui che entra in gioco la Lega. «E se Pd e Lega pareggiassero?», è stata la domanda, dopo che Bettini aveva invitato la Lega ad «arginare la forza della Meloni e autonomizzarsi». «Come in Germania si tenterebbe la strada della grande coalizione con un compromesso trasparente. Salvini – dice Bettini – ha l’occasione di fare della Lega con pezzi di FI, l’equivalente del Pd nel campo della destra».
Ma perché Salvini dovrebbe fare la quinta colonna?
Insomma, nei desiderata di Bettini, Franceschini & co, Salvini dovrebbe assumersi il ruolo di quinta colonna e proseguire anche dopo Draghi l’esperienza disastrosa del governo delle larghe intese, nonostante la possibilità di governare con il centrodestra. Il tutto per consentire al Pd di rimanere ancora al governo a dispetto dei risultati elettorali. Uno scenario che, però, si renderebbe possibile a un’unica condizione: mettere all’angolo FdI e il suo 20% di consenso. A ogni costo.