Il Signore degli Anelli favola religiosa. Andrea Monda dà una lettura metafisica di Tolkien
Per fortuna sono passati oltre quarant’anni. E i pregiudizi ideologici d’un tempo non condizionano più l’approccio alle opere d’arte. Certo, ce ne sono di altro tipo, ma questa è tutta un’altra storia… Per venire a quelli di allora, l’esempio più classico fu il modo in cui fu recepita in Italia la trilogia di Tolkien, Il Signore degli Anelli, in quel 1970 in cui Alfredo Cattabiani lo volle pubblicare nel nostro paese per l’editore Rusconi.
Geminello Alvi: veneravano Mao e esecravano Tolkien
Nessuna recensione, freddezza e ostilità da parte dell’establishment letterario per un’opera che pubblicata in Gran Bretagna tra il 1954 e il ’55 era da un quindicennio uno dei libri più letti al mondo, soprattutto tra le giovani generazioni. Ancora trent’anni dopo, sarà Geminello Alvi a ricordare il clima di censura che colpì da noi il capolavoro tolkieniano: “Il Signore degli Anelli patì negli anni ’70 l’esecrazione di quell’intellettualità che venerava il sanguinario Mao, mentre le sue guardie rosse assassinavano gli inermi in Cina e in Tibet. Il beghino ribellismo d’allora esecrò il fenomeno. Abbondarono le gesuitiche riunione nei locali Istituti della Resistenza che esecravano ritualmente il superomismo del distratto erudito Tolkien”.
Tullio Kezich se la prendeva coi “picchiatori di Almirante” che amavano la Terra di mezzo
Così, quando nel ’79 il critico cinematografico di “Repubblica” Tullio Kezich, all’uscita del film a cartoni animati di Ralph Bakshi ispirato alla trilogia, farneticava dei “picchiatori” di Almirante che si erano, a suo dire, “buttati sulla nomenclatura della Terra di Mezzo per conferire una patina di nobiltà letteraria agli squallidi campi dove imparano a usare il manganello e la bomba” eravamo al massimo dell’antitolkienismo italiano. Quando si finiva per leggere la passione letteraria di una parte dei giovani di destra per il mondo degli hobbit attraverso l’antifascismo militante del giornalismo pistarolo. E facendo in modo di aumentare il muro di diffidenza e di pregiudizio verso l’opera tolkieniana…
Il libro di Andrea Monda sulla metafisica del Signore degli Anelli
Per fortuna, come dicevamo all’inizio, molto acqua è passata sotto i ponti e – soprattutto dopo che nei primi anni Duemila è uscita la trilogia cinematografica firmata da Peter Jackson – si è iniziato finalmente a leggere la trilogia di Tolkien per quello che è, per una delle più grandi opere della letteratura del Novecento. Giunge quindi più che gradito in libreria questo “John Ronald Reuel Tolkien. L’imprevedibilità del bene” (Edizioni Ares, Milano, pp. 152, euro 13,50), scritto da Andrea Monda, l’attuale direttore del quotidiano della Santa Sede, L’Osservatore Romano.
L’uomo salva il mondo cooperando con la Provvidenza
Monda, del resto, si è laureato all’Università Gregoriana col padre gesuita Michael Paul Gallagher che a sua volta era stato studente di Tolkien a Oxford. E negli anni ha scritto molto sull’argomento, tra cui L’anello e la croce. Significato teologico del Signore degli anelli (2013); Gli anelli della fantasia (2004), Tolkien, il signore della fantasia (2002). È quindi uno degli studiosi più accreditati per parlarne e scriverne. E ora in quest’ultimo saggio attraverso una ricognizione degli snodi principali dell’opera e dei protagonisti, suggerisce i passi di una profonda immersione tra le pagine di Tolkien, fino a toccare temi fondamentali per la vita di ciascuno di noi.
In particolare, vi troviamo la certezza che la Storia – non solo nelle saghe – è mossa dall’intervento imprevisto di un personaggio mai nominato ma sempre presente, la Provvidenza, e dall’eroismo spesso nascosto dei piccoli, degli hobbit: buffe, prosaiche e, sorprendenti, creature, simili a noi uomini. Tolkien, sostiene Monda, ha scritto soprattutto per ricordarci che l’uomo, “animale narrante”, può essere salvato da una storia, e da una storia commovente. Perché, in fondo, Il Signore degli Anelli è una grande favola dalle forti valenze teologiche e cristiane.
Andrea Monda e l’esegesi religiosa del Signore degli Anelli
Forte di citazioni bibliche e letterarie, da Graham Greene all’amico di Tolkien, C.S. Lewis, Monda è bravissimo a fornirci un’esegesi religiosa e metafisica di tutta l’opera. Spiegando anche bene la differenza tra le saghe epiche classiche e la storia tolkieniana. Nel Signore degli Anelli c’è un viaggio, come quello di Enea o dei cavalieri della Tavola Rotonda, ma è l’esatto opposto di quei viaggi. Gli antichi poemi raccontano di un viaggio o di una guerra in cui gli eroi affermano il loro potere o conquistano qualcosa. Il viaggio della Compagnia dell’Anello parte dalla Contea, spiega Monda, ma viene intrapreso non per conquistare ma per rinunciare.
La prefazione al libro è di don Fabio Rosini
Gli hobbit non sono supereroi o cavalieri senza macchia né paura ma “mezzi uomini” chiamati a una vicenda più grande di loro attraverso cui, però, salvano il mondo e se stessi. Su tutto la funzione redentrice del racconto tolkieniano. “Questo è il bello della vita. Raccontare una favola a un bambino”, commenta nella prefazione don Fabio Rosini. Per aggiungere: “Perché questo fa chi sa amare: mettere nel cuore dell’altro una cosa bella. In fondo quando scopriamo qualcosa che ci appassiona, una musica, un libro, un’opera d’arte, un film… lo vogliamo donare a qualcuno a cui vogliamo bene. Ecco, mettere una cosa bella nel cuore di un altro è l’arte del vivere, è l’arte di avere amici, è l’arte di avere figli, è l’arte di avere un coniuge o un fratello”.