La “vendetta” di Re Draghi: dimissioni subito, sospensione del Pnrr ed elezioni lampo
“La pazienza sta per finire, anzi è finita da un pezzo…”, scrive oggi Repubblica, il giorno dopo l’ennesima giornata di battaglia parlamentare a colpi d’asse tra spezzoni della maggioranza e dell’opposizione. Il governo balla, ma Draghi non avrebbe intenzione di farsi cuocere a fuoco lento e con la sponda dell’Europa starebbe preparando una “trappola” ai partiti, per indurli a votare per riportarlo a Palazzo Chigi a capo di una maggioranza diversa e più coesa intorno al tecnico, in mancanza di alternativa. Un “campo largo” per un governo post-draghiano, da cucinare in pochi mesi.
Draghi, la rabbia e la strategia
“Per Mario Draghi l’ennesima giornata parlamentare vissuta con un pezzo della sua maggioranza che vota insieme all’opposizione è la conferma di un timore che aveva espresso giovedì scorso al Capo dello Stato: i partiti sono entrati in campagna elettorale e governare, in queste condizioni, sta diventando impossibile…”, scrive ancora Repubblica, che poi passa alle conclusioni, alla mossa finale del premier per spiazzare i partiti che vorrebbero logorarlo per farsi la campagna elettorale con le mani libere.
“I leader, o almeno alcuni di loro, fanno invece conto sulle capacità del premier di incassare qualsiasi colpo, anche quelli portati sotto la cintura. Tanto c’è il Pnrr e mai Draghi potrebbe lanciare la spugna mettendo a rischio la rata di giugno del Next generation Eu. Un calcolo che somiglia a un azzardo. Anche perché gli uomini del premier hanno già studiato il caso da manuale del Portogallo di Antònio Costa: crisi, elezioni lampo e nuovo governo. La Commissione ha riconosciuto al piccolo paese iberico una pausa di sospensione elettorale per il Pnrr. E non è successo nulla”. Dunque, mollare per farsi rinominare a Camere nuove, senza perdere i soldi del Pnrr ed essere accusato di “irresponsabilità”, grazie alla “sospensione” elettorale. Con una piccola, enorme incognita: e se il centrodestra si ricompattasse e vincesse le elezioni, abbandonando la strategia suicida del centrismo a tagliare fuori la Meloni dalla guida del Paese, proporzionale o no?
Gli strappi nella maggioranza che sanno di elezioni
Ad appena quattro giorni dalla ‘strigliata’, con i capi delegazioni richiamati all’ordine dal premier Mario Draghi dopo l’incidente sul milleproroghe, ieri un nuovo caso ha scosso la maggioranza, con il Carroccio che – in commissione Affari sociali alla Camera – che ha aperto un nuovo fronte, tentando il colpo di mano con un emendamento che chiede la sospensione del certificato verde dal 31 marzo, giorno in cui arriverà in scadenza – salvo sorprese – lo stato di emergenza dalla pandemia. Ma non è solo il Carroccio a mostrare segni di irrequietezza. A stretto giro dalla stoccata della Lega, torna a farsi sentire Silvio Berlusconi, chiedendo un progressivo allentamento delle restrizioni, con “un piano di graduale dismissione del Green pass”.
Ma è soprattutto la fuga in avanti del partito di Matteo Salvini a sorprendere, perché arriva quando la ‘ramanzina’ del presidente del Consiglio alle forze che sostengono la sua maggioranza ancora brucia. Eppure da Palazzo Chigi non trapela nulla, si osserva in gelido silenzio quello che avviene a Montecitorio, con la seduta della commissione che slitta in avanti e una maggioranza allo sbando, quasi sull’orlo di una crisi di nervi. Nella seduta riconvocata nel tardo pomeriggio, la Lega torna a votare con l’opposizione, mentre Fi sulla sospensione del passaporto vaccinale a fine marzo si astiene, in scia con le parole del Cavaliere. L’unica certezza, a Palazzo Chigi, è che non sarà il caos a guidare le scelte di Draghi sull’uscita dalla pandemia.
La “road map” di Draghi per provare a tirare avanti…
Accelerazioni, su questo, non sono previste. Resta quanto sostenuto dal presidente del Consiglio venerdì scorso in conferenza stampa, ovvero uscire dalla pandemia e dalle restrizioni “al più presto possibile” perché è importante, fondamentale, per “famiglie e imprese”. Dunque la ferma volontà di lavorare a una roadmap che consenta di uscire, step by step, dalle restrizioni della pandemia, da qui al 31 marzo. Nei tempi necessari. Questa settimana, viene spiegato, non sono previste cabine di regia sul tema, nonostante sotto traccia si lavori al dossier. Ogni scelta dovrà essere ancorata ad evidenze scientifiche, con il Cts al timone delle decisioni che di volta in volta verranno assunte.
Ma c’è chi teme che un nuovo incidente sia dietro l’angolo e stavolta possa generare fibrillazioni proprio nel fronte che fa capo a Pd e 5 Stelle. Perché c’è un nuovo fantasma che torna ad agitare la maggioranza, quello della Tav, da sempre croce e delizia del Movimento. La progettazione della tratta italiana della Torino-Lione è infatti ripartita, ma manca la copertura finanziaria dei lavori per completare l’intervento e ottenere i fondi Ue. Il piatto piange. Su un costo ipotizzato di 1,7 miliardi, le risorse disponibili sarebbero ferme a 66 milioni, i soldi necessari per la progettazione.
Il fronte Tav aperto da Fratelli d’Italia
La deputata torinese di Fratelli d’Italia, Augusta Montaruli, intanto, annuncia un’interrogazione parlamentare al governo e c’è chi è pronto a scommettere che la Lega non tarderà a dare battaglia per mettere in difficoltà gli alleati di governo. Un nuovo grattacapo per l’esecutivo, mentre c’è chi teme che la situazione, tra un incidente e l’altro, possa precipitare verso l’irreparabile. “Su questo, Draghi è stato estremamente chiaro: non intende tirare a campare – osserva un ministro conversando con l’Adnkronos- e non mi pare certo il tipo che sgancia bombe per vedere l’effetto che fa…”.