Mannheimer, mai dire mai: “Ecco come Draghi potrebbe rientrare in gioco per il Quirinale”
Mai alla guida di un partito o di una coalizione, Mario Draghi potrebbe rientrare in gioco per il Quirinale, se Sergio Mattarella decidesse di lasciare prima. E’ l’opzione che, secondo il sociologo e sondaggista di lungo corso Renato Mannheimer, si potrebbe profilare sul futuro di Mario Draghi. Che venerdì ha liquidato con parole eloquenti la possibilità di accettare la premiership di una coalizione di centro; e cancellato l’ipotesi di una sua discesa in campo alle elezioni del 2023.
Due scenari per Mario Draghi: le ipotesi di Mannheimer
“Io – ha detto Mannheimer in un interessante colloquio con l’Adnkronos – ho sempre pensato che Draghi non sarebbe sceso in politica, intesa come una partecipazione diretta in un partito. Abbiamo sempre descritto Draghi come un ‘servitore del Paese’ al di sopra delle parti: che difficilmente avrebbe accettato di fare da portavoce di un partito o di un’alleanza politica. Ritengo che egli la considererebbe una diminutio, peraltro sconveniente: perché non ce lo vedo proprio legato alle logiche e alle dinamiche di una forza politica. Foss’anche una forza politica da lui voluta e costruita. C’è l’esempio di Scelta civica di Mario Monti, ma altre se ne potrebbero fare. Segno che questa cosa non funziona”.
Mannheimer: “all’occorrenza i no si possono trasformare in sì”
Ma c’è un’altra opzione che fa parte di scenari prossimi e non certo improbabili. Sfida il nervosismo del premier, che ha mostrato fastidio verso chi pensa così tanto al suo futuro. Mai dire mai. “Cosa diversa – ha proseguito Mannheimer – se a Draghi fosse riproposto un incarico al di sopra delle parti, istituzionale: e su quello non ha detto di no. Lo abbiamo visto con Mattarella: nella vita politica, all’occorrenza, i no si possono anche trasformare in sì. Se nel 2023, ammesso che non si voti prima, si riproponesse uno scenario di ingovernabilità; senza una maggioranza e con i partiti che si scannano, allora si potrebbe pregare Draghi di tornare a fare il presidente del Consiglio super partes”. Questa è l’opzione uno che del resto è stata ampiamente sviscerata in questi giorni da opinionisti e politilogi.
L’ipotesi: Draghi al Colle dopo le elezioni politiche
Ma c’è un’altra opzione: “Un’altra possibilità – ha aggiunto Mannheimer- è che di fronte a un Parlamento nuovo; per di più con una composizione numericamente ridotta e dalla composizione inedita indotta dalla riforma costituzionale, Mattarella non decida di dimettersi: e allora Draghi tornerebbe pienamente in gioco per salire al Quirinale. Sappiamo che il Parlamento che uscirà dalle prossime elezioni politiche sarà molto ridotto, profondamente diverso dagli equilibri attuali. E il piano B di Draghi ipotizzato dal sondaggista avrebbe più che una ragion d’essere. Chissà se dopo questa chiacchierata sughi scenari politici il premier bacchetterà il sondaggista: risuona la frase detta a denti stretti: un lavoro so trovarmelo da me…
“Il Centro ha troppi pretendenti leader”
L’esperto di flussi elettorali cambia discorso e si sofferma sul centro, ormai “orfano” della suggestione Draghi, ma che”ha tuttavia grandi possibilità. Non in termini elettorali: perché gli elettori preferiscono schierarsi e votare centrodestra o centrosinistra. Ma politicamente sì, perché ha il potere di coalizione” in grado di fornire quel valore aggiunto che permetterebbe a una delle due coalizioni di prevalere. Fornendo una sorta di ‘premio di maggioranza’ surrettizio”. Questo scenario è avvalorato dalla possibilità che si faccia una riforma elettorale: “con un sistema proporzionale il centro avrebbe un peso e un potere contrattuale. Adesso il centro è una galassia di piccoli partiti, guidati da leader in cerca di visibilità - parlo di Toti, Renzi e Calenda -. Che continuano a litigare tra loro. Per affermarsi il centro ha bisogno di un leader e adesso di pretendenti leader il centro ne ha fin troppi”, ha concluso Mannheimer.