Nel buio della guerra il profumo della libertà è l’unica arma di un Occidente liquido e distratto
È di nuovo buio pesto in Europa, è ancora guerra. Dopo il secondo conflitto mondiale, i bombardamenti di Belgrado del 1999, la dissoluzione della Jugoslavia, la Bosnia, il Kosovo, ora s’incendia l’Ucraina, la cui capitale Kiev è più antica di Mosca. Altro che…
Ucraina, orrori e violenza senza fine
Siamo tutti storditi per questa spirale di violenza. Scorrono le immagini raccapriccianti della popolazione barbaramente colpita e in fuga che si rifugia nelle metropolitane. E altri orrori i cui dettagli è bene risparmiare. Nella società dove tutto è opinabile e dove non c’è più regola, in un Occidente liquido, che non ricorda né presidia più i suoi valori, accade che una parte degli italiani faccia a mezza bocca il tifo per Putin.
Quegli italiani che fanno il tifo per Putin
La sinistra estrema detesta gli amerikani e gli riversa addosso la colpa dell’invasione per aver voluto esportare la Nato a ridosso della Russia. Dimentica che l’Unione Sovietica è caduta nel 1991 e da allora l’Ucraina è tornata a essere una nazione libera e indipendente che ha inserito in costituzione sovranità e autodeterminazione. Come le nazioni baltiche e i paesi dell’est europeo. Si è guadagnata sul campo il diritto a scegliersi alleanze politiche e militari. Semmai è vero che in 30 anni l’Ucraina non è stata ancora assorbita dalla Nato che invece avrebbe potuto farlo. Oltretutto è lampante che si tratti di un pretesto, i missili per colpire Mosca possono partire da migliaia di km di distanza, certo non serve posizionarli sul confine. L’unico effetto negativo per Putin, con l’adesione alla Nato di Kiev, sarebbe stata l’impossibilità di aggredire l’Ucraina perché tutte le nazioni del Patto Atlantico avrebbero dovuto difenderla per statuto e questo sarebbe stato un deterrente efficace.
La destra radicale invece strizza l’occhio all’autoritarismo del nuovo Zar, ne esalta il carisma rispetto alle mezze figure dei leader occidentali. Del resto Macron, Scholz, Draghi, Johnson e perfino Biden non scaldano i cuori, appaiono disorientati dal germe del relativismo, confondono l’integrazione, strumento per far convivere popoli e religioni salvaguardandone le identità, con l’obiettivo insopportabile dell’egualitarismo globale, visione utile al grande mercato conformista. La civiltà occidentale che aveva messo massimamente in ordine le relazioni millenarie tra culture ed etnie, di rado ormai insidiata da beceri nazionalismi, si è immiserita nella sommatoria di diritti individuali, veste i colori Lgbt, smonta il diritto naturale universale, trasforma la persona in oggetto e la famiglia in macchietta, lascia campo libero a culture e religioni più decise. Disintegra la categoria dello spirito e per paradosso tira la volata all’integralismo islamico e alle dittature più feroci. Il ventre molle dell’Occidente fa diventare, insomma, il primo Putin che passa un ‘Padreterno’.
Il frullato che ne scaturisce produce quasi un sentimento di indulgenza verso il dittatore che vuole rifondare l’Urss, con stati satellite, governi fantoccio, l’Armata Rossa, con il corollario dell’avvelenamento di giornalisti critici del regime, la persecuzione del dissenso politico, l’arresto di 1800 manifestanti per la pace a San Pietroburgo due giorni fa.
Si chiama tafazzismo, una sorta di arma che si ritorce contro chi la usa.
La dittatura neo-sovietica che alcuni anticomunisti non vedono
Il fatto che si sia ormai instaurato un totalitarismo neo-sovietico e che l’invasione dell’Ungheria nel 1956 e della Cecoslovacchia nel 1968 stiano rivivendo nella tragica irruzione armata dentro i confini ucraini sembra non interessare più taluni feroci anticomunisti che inveivano contro l’Occidente che “restava a guardare sull’orlo della fossa seduto”. Volevano che l’America andasse a liberare, armi in pugno, i paesi sottomessi a Mosca dopo il Patto di Yalta.
Per fortuna tra questi due estremi c’è anche la categoria intermedia dei ‘pentiti’, un esercito di ravveduti mondiali che trovano motivazioni edulcorate per non ammettere il clamoroso errore strategico nella valutazione del presidente russo e dei suoi obiettivi imperialisti. Perché di questo si tratta. Tutti hanno sbagliato, per carità, le cronache della guerra lo dimostrano, ma l’errore imperdonabile è stato non capire che Putin, nella gestione degli affari interni aveva svelato l’obiettivo della Grande Russia, proprio come il criminale di guerra Milosevic aveva quello della Grande Serbia. Non aver saputo leggere da capi di Stato la prospettiva della seconda potenza militare del mondo ha rappresentato il più solido alleato del progetto egemonico del Cremlino.
Le colpe e i ritardi dell’Unione europea
Certo, l’Unione europea non ha saputo gestire in 30 anni il distacco dell’Ucraina dalla Federazione russa. Vero.
Troppo occupata a comminare odiose procedure d’infrazione agli Stati membri, ha dimenticato di completare l’integrazione di Mosca, passo indispensabile per pacificare per sempre il continente e dargli quella competitività che, insieme agli Stati Uniti, avrebbe potuto arginare lo tsunami cinese. Vero.
Dopo la caduta di Boris Eltsin, primo successore non comunista di Gorbaciov, l’Ue non ha saputo incoraggiare Putin nel processo di democratizzazione e ha assistito inerme alla sua graduale deriva autoritaria. Imperdonabile occasione persa per ‘occidentalizzare’ l’Asia europea e rafforzare il vecchio continente. Vero. L’Unione europea, incapace di impedire l’aggressione russa all’Ucraina, deprivata di ogni autorevolezza e sbeccata dalla Brexit, si arrabatta ora con le sanzioni, unico strumento offensivo rimasto, nonostante il rischio “arma a doppio taglio”. Vero.
Ma ora il bluff è smascherato, l’invasione di una nazione indipendente e sovrana con esercito e armi pesanti non lascia margini d’interpretazione, anche i ciechi possono vedere. Non solo gli statisti.
Gli obiettivi: condanna dei russi e aiuti al popolo
Ci sono sul campo più obiettivi: la condanna senza ambiguità di Putin e delle sue folli ambizioni, il salvataggio da un massacro annunciato di donne e bambini, il rifornimento all’Ucraina delle munizioni necessarie per resistere, l’isolamento globale della Russia su cui la diplomazia deve lavorare molto viste le astensioni nel Consiglio di sicurezza dell’Onu di India, Emirati arabi e Cina.
Ma l’obiettivo politico resta lo stesso di ieri, estendere a Mosca i confini dell’Europa e dell’Occidente e, per farlo, serve un nuovo leader al posto di Putin. La battaglia dunque si gioca all’interno dei confini della Russia, a Mosca e non solo a Kiev, coinvolge gli oppositori del tiranno, chiama un’altra guerra senza armi, che perfino noi possiamo combattere. Quella di immagini, notizie, commenti, suggestioni, delle bombe mediatiche, dell’innovazione in rete con messaggi di verità che ricordino ai cittadini russi ciò che nel Donbass molti avevano già imparato. Che l’Occidente è bello, l’aria è fresca, il sole è terso, c’è chiasso in strada e non è il fragore delle granate né il silenzio della ferocia, ci sono musica, cultura popolare, colori, allegria, si può protestare contro i governi, si può votare e provare perfino a colpire i poteri forti. Poi magari vincono loro, ma puoi affrontarli a viso aperto. Per carità, non è tutto oro ciò che brilla, di catene ce ne sono anche qui, meno visibili, perché ogni luogo è il cuore di una sfida. Ma l’aroma è intenso e penetra fino ai polmoni. È il profumo della libertà.