Nell’Italia dei Draghi sindacati e industriali ricominciano a litigare sui salari, come negli anni ’80
Botta e risposta a distanza tra il presidente di Confindustria Carlo Bonomi e il leader della Cgil Maurizio Landini in tema di aumenti salariali che, secondo il primo vanno legati all’indice dei prezzi armonizzato (Ipca), al contrario, per Landini servirebbe una revisione dell’Ipca che ignora il ‘caro energia’. E prosegue così la querelle innescata da giorni e sulla quale ha alzato il tiro il leader della Uil Pierpaolo Bombardieri minacciando la disdetta del Patto per la Fabbrica.
Uno scontro sociale sui salari che ricorda quello degli anni Ottanta sulla scala mobile. Il 14 febbraio del 1984 venne firmato un accordo separato sull’indicizzazione dei salari legati all’inflazione, per superare la frattura sindacale il governo intervenne d’urgenza attraverso un decreto legge che passerà alla storia come decreto di San Valentino. Contro quella norma la Cgil si mobilitò. Il 24 marzo la maggioranza della confederazione organizzò a Roma un’imponente manifestazione cui parteciparono circa un milione di persone. Sarà così anche stavolta? E il governo dei migliori di Draghi eviterà lo scontro sociale?
Lo scontro sociale tra sindacati e industriale sui salari e l’energia
Il conflitto è “l’ultima cosa che serve all’Italia di oggi” ha affermato Bonomi in un’intervista a ‘Il Corriere della Sera‘ spiegando nel merito che non è vero che l’indice Ipca, escluda dal calcolo degli aumenti contrattuali i prezzi dei beni energetici importati. “Non è così. Il prezzo dei beni energetici c’è, ma – ha spiegato Bonomi- viene spalmato nel tempo per evitare che scarti bruschi come quello attuale rendano l’indice ballerino. Se si vogliono innalzare i salari subito, la strada sono contratti di produttività in ogni impresa, addizionali al contratto nazionale”.
Landini replica a Bonomi
Secca, a stretto giro, la replica di Landini che non si è lasciato sfuggire l’occasione per controbattere dal palco dell’assemblea organizzativa della Cgil a Rimini. “Di fronte al problema dei contratti nazionali e della crescita del salario e dell’inflazione che cresce, lui risponde dicendo no, non va cambiato nulla, perché l’unico luogo in cui devono crescere i salari con la produttività è laddove si fa la contrattazione aziendale. Questa è una cosa non accettabile” ha detto Landini nelle conclusioni dell’assemblea.
“In un paese con tante piccole e medie imprese, dove per la maggioranza dei lavoratori non c’è contrattazione aziendale, – ha rimarcato Landini – se non sono i contratti nazionali che tornano ad avere un’autorità salariale e a porsi il problema di aumentare il valore reale dei salari, questo vuol dire accettare la programmazione e la riduzione dei salari”. Inoltre, ha aggiunto Landini nel criticare Bonomi che ha parlato di “riformismo competitivo”: “Le riforme non devono essere competitive ma redistributive…- ha detto il leader Cgil – competitive per chi? Non è che manca la competitività, ce ne è anche troppa nel modo del lavoro”.