Sallusti inchioda Davigo: “Lei è un colpevole che l’ha fatta franca?”. Scintille da Floris (video)
Alessandro Sallusti e Piercamillo Davigo se le danno senza esclusione di colpi sul tema della giustizia da Giovanni Floris a DiMartedì. Su La7, la puntata del 15 febbraio, diventa un ring. “Luca Palamara documenta come tutti i magistrati coinvolti in scandali sono stati archiviati dal Csm”, attacca il direttore di Libero. “Perché non inquisite mai i magistrati che si trovano in quelle situazioni? I magistrati che chiedevano piaceri… Questo le sto chiedendo“. Giustamente il conduttore imposta una parte della puntata sul tema che Sallusti e Palamara hanno affrontato nei due libri, Il Sistema, e Lobby & logge. Le cupole occulte che controllano «il sistema» e divorano l’Italia. Entrambi per i tipi di Rizzoli. Due volumi che avrebbero dovuto scuotere i palazzi dalle fondamenta e invece…Una sorta di Giustiziopoli intorno alla quale la “casta” dei magistrati fa muro.
Scintille Sallusti- Davigo: “Perché non inquisite mai i magistrati?
Sallusti tenta di scalfire questo “muro”, ma Davigo non risponde alla domanda. Tergiversa sul Csm. Quindi interviene Floris che rivolto all’ex pm, chiede in maniera soft: “In generale le categorie con se stesse tendono ad essere più gentili”. Ma Davigo rimane impassibile, continua a non rispondere. Quindi Sallusti sferra l’attacco: “Se io molesto una donna, l’Ordine dei giornalisti mi espelle, non aspetta il processo”. Un uno-due molto duro, incalza il direttore di Libero. “Lei è sotto inchiesta per un reato infamante per un magistrato: chi lo accusa allora è impazzito o forse lei è un colpevole che l’ha fatta franca? Parafrasando una sua frase….“, sbotta caustico, Sallusti. Allora qualcosa si muove:
Davigo non risponde. Sallusti lo inchioda
Davigo a Sallusti: “Lei mi ha diffamato un sacco di volte”, si inalbera l’ex pm di Mani Pulite, “ed è stato condannato. Poi il presidente della Repubblica ha cambiato la pena detentiva in pecuniaria”. A quel punto il direttore di Libero lo inchioda e gli ricorda la verità degli atti processuali. “Lei non dice la verità: la Corte dei diritti dell’uomo ha condannato lo Stato italiano, e quindi lei che rappresenta lo Stato, a risarcirmi per ingiusta detenzione”.