“Se non vi va bene trovatevi un altro”: Draghi “minaccia” di andarsene. Il retroscena
“Se non vi va bene trovatevi un altro governo”. L’ultimatum del premier Draghi ai partiti è stato netto e le modalità hanno preso in contropiede un po’ tutti. “Mai visto Draghi così infuriato. E soprattutto, per la prima volta, pronto a dimettersi, se il governo non sarà rimesso in condizione di lavorare seriamente”. E’ il giudizio di Marcello Sorgi sulla Stampa oggi in edicola. Dopo gli “sgambetti” in commissione sul Milleproroghe, con il governo andato sotto quattro volte, il premier ha perso il suo proverbiale aplomb. “Rabbia fredda”, labbra serrate, passo svelto, niente sorrisi. Per la prima volta secondo i retroscenisti ha usato parole ultimative: «O riuscite a garantire che i provvedimenti una volta approvati all’unanimità in Consiglio dei ministri passino in Parlamento; o il Parlamento si trova un altro governo».
Draghi per la prima volta pone il tema della durata del suo governo
Il retroscena di Repubblica racconta una situazione ancora più esplosiva di quanto non apparisse giovedì sera. Il premier è andato molto al di là del “Così non si va avanti” pronunciato ieri sera. Dopo lo stop al limite di mille euro per il contante approvato dal centrodestra unito contro il volere del governo, Mario Draghi nell’incontro con i capigruppo per la prima volta pone il problema della durata dell’esecutivo. Lo ha fatto fa dicendo che «non siamo qui per scaldare la sedia» e rimarcando la sua distanza dai “giochi di Palazzo”: «Quanto successo nelle ultime ore è grave. Un voto unanime in consiglio dei ministri non può essere sconfessato un minuto dopo in commissione».
Il retroscena: “Ditelo, se abbiamo scherzato”
“Ditelo chiaramente“, avrebbe tuonato, elencando tutte questioni delicatissime che il governo dovrà afforntare da qui al 2023. Quindi la “minaccia”: «Se dobbiamo fare un anno di campagna elettorale, allora tanto vale dirlo chiaramente: abbiamo scherzato. Tanto vale prenderne atto». Il premier, spiega il quotidiano, evoca di fatto la fine del suo governo. E dunque il voto anticipato. Una mossa che Draghi avrebbe fatto con l’avallo di Sergio Mattarella, da cui è andato prima della sfuriata con i capodelegazione dei partiti. Quando il ministro Giorgetti e altri prendono la parola e dicono: “Presidente, su alcuni temi centrali devi coinvolgere i leader”; Draghi gli risponde, gelido: «Io rispetto il Parlamento. Tutti state sostenendo cose ragionevoli. Ma mi interessa fino a un certo punto».