Stesso pollaio centrista e sondaggi magri. Ecco perché si beccano i galletti Renzi e Calenda
Una volta – Matteo Renzi (premier) e Carlo Calenda (ministro dello Sviluppo economico) – erano nello stesso governo. Oggi sono due galletti che si contendono quel poco che passa il convento centrista. E, a dire il vero, neanche quello, dal momento che l’etichetta di “centrista” Calenda la rifiuta sdegnosamente. Non così l’altro, il Renzi, passato da rottamatore per vocazione a riciclatore per necessità. E anche il sondaggio appena sfornato dal Corriere della Sera rileva che entrambi non se la passano tanto bene da quelle parti.
L’ex-premier: «Ha la sindrome del beneficiario rancoroso»
Azione (in tandem con +Europa) veleggia intorno al 3,3 per cento mentre Italia Viva rischia addirittura l’insondabilità: 2,1 per cento. Dovesse confermare tale percentuale alle prossime elezioni, la sigla di Renzi resterebbe ben sotto la soglia minima del 3 per cento, superata (a stento) invece da quella di Calenda. Più che scontato, quindi, quindi che le difficoltà indotte dalla misera coabitazione nella stessa micro-area finisca per accendere tensioni. Nulla di incandescente, si capisce, ma punzecchiature a gogò. L’ultima pochi minuti fa con Renzi che bacchetta il suo ex-ministro dello Sviluppo economico davanti ai membri dell’assemblea nazionale di Iv. Motivo: il voto dei calendiani a Virginia Raggi come capo della Commissione del Campidoglio per l’Expo.
E Calenda: «Non è il momento delle polemiche»
«Benché Calenda viva la sindrome del beneficiario rancoroso, come la chiamava Andreotti – dice -, voi non mi sentirete dire mezza parola male di Carlo Calenda, ma sempre dell’amministrazione Raggi (…)». E meno che si è trattenuto dal dirla quella «mezza parola». Diversamente, chissà che cosa gli sarebbe uscito dalla bocca. A strettissimo giro di posta arriva, via tweet, la replica del leader di Azione. «Direi – vi si legge – che in questo momento ci sono cose più rilevanti di queste polemiche da cortile. Buona assemblea». Una guerricciola a bassissima intensità. Ma la tenuità dei decibel non deve fuorviare: entrambi combattono per il 3 per cento, la soglia minima prevista dalla legge elettorale. Una lotta per la sopravvivenza, insomma. Sarebbe pure una cosa seria se solo Renzi e Calenda non si credessero entrambi Napoleone.