Archelogia: a Torino per la prima volta è stato possibile “annusare” i profumi dell’antico Egitto
Per la prima volta è stato possibile ‘annusare’ i profumi dell’antico Egitto. Il ‘naso’ dei ricercatori dell’Università di Pisa ha così rivelato il contenuto di vasi e anfore della tomba di Kha e Merit al Museo Egizio di Torino risalenti a circa 3500 anni fa. L’indagine è avvenuta senza aprire o intaccare i reperti grazie ad una innovativa metodologia che ha permesso di ‘annusare’ le tracce dei composti organici residui. Nei preziosi contenitori in alabastro sono stati identificati resine e unguenti spesso insieme a cera d’api, uno dei materiali più rinvenuti perché usato sia come conservante sia come base per la preparazione di cosmetici. Nelle anfore i ricercatori hanno poi rintracciato pesci essiccati e molecole volatili la cui presenza potrebbe essere associata a farina d’orzo o addirittura birra come suggerito dalla presenza di composti volatili specifici della fermentazione dei cereali.
Un exploit dell’Università di Pisa: “annusare” l’antico Egitto
Il lavoro appena pubblicato sul “Journal of Archaeological Science” è stato svolto dai chimici dell’Ateno pisano attraverso due campagne diagnostiche eseguite nel 2019 presso il Museo Egizio. Lo riporta l’Adnkronos. In particolare, l’esame dei reperti è stato eseguito con uno spettrometro di massa Sift-Ms (Selected Ion Flow Tube-Mass Spectrometry) trasportabile, un macchinario che solitamente è impiegato in ambito medico per quantificare i metaboliti del respiro o per determinare inquinanti ambientali, e che solo recentemente ha dimostrato la sua utilità anche nel campo dei beni culturali per eseguire indagini preservando l’integrità dei reperti.
Rivelato il contenuto dei vasi della tomba di Kha e Merit
“Questo studio ha dimostrato la possibilità di impiegare questo genere di strumentazione direttamente nei musei, per ottenere informazioni importanti su numerosi oggetti in modo rapido e completamente non distruttivo – spiega la professoressa Ilaria Degano dell’Università di Pisa –
un simile approccio potrà dunque essere impiegato in nuove campagne diagnostiche, ed eventualmente in futuro esteso anche all’indagine di materiali diversi provenienti dall’ambito dei beni culturali, quali ad esempio collezioni di oggetti d’arte moderni e contemporanei”. “È utile sottolineare – continua Degano – come l’applicazione di questa tecnica permetta di impiegare un sistema di analisi senza solventi con benefici per l’ambiente e la salute degli operatori, basato su una strumentazione innovativa per innescare un circolo virtuoso con gli esperti del settore”.