Biloslavo racconta Kiev: «È una città fantasma, mi ricorda Sarajevo poco prima dell’assedio»
«Come Sarajevo poco prima dell’assedio». Fausto Biloslavo, inviato di guerra di grandissima esperienza, descrive così Kiev, dove in questi giorni drammatici si trova per conto di Mediaset. La capitale ucraina, spiega il giornalista, «è diventata ormai una città fantasma, disseminata di posti di blocco, sul lungofiume ci sono gli autobus gialli messi di traverso in mezzo alla strada e i copertoni di pneumatici per diminuire la larghezza delle carreggiate per quando dovessero arrivare i carri».
Biloslavo: «Kiev è una città fantasma»
«Ci sono barricate, posti di blocco ovunque, poca gente per strada, file lunghissime nei pochissimi negozi aperti, benzina ormai introvabile e file interminabili nei pochi benzinai che ancora hanno diesel», ha spiegato ancora Biloslavo, parlando con l’agenzia di stampa Adnkronos. «Ieri – ha raccontato – c’è stato un assalto alla stazione e si è creato il panico. Facevano salire prima le donne e i bambini, gli uomini per ultimi e quindi c’era molta paura e tensione. I treni sono pochi… Insomma, la situazione non è delle migliori». Come la Sarajevo di trent’anni fa.
I «civili armati presidiano le barricate»
Biloslavo ha riferito quindi di una Kiev sempre più militarizzata, con civili ormai pienamente armati. «Ci sono controlli continui, temono i sabotatori. Io ho assistito all’arresto di uno di questi, o un uomo che loro credevano fosse un sabotatore russo, e gli sono saltati addosso, alla Rambo maniera. I nervi sono a fior di pelle». Inoltre, «da ieri per la prima volta ho visto civili armati che presidiano le barricate, controllano le macchine. Quindi, non più solo con le molotov. Si sono organizzati anche in questo senso, soprattutto nelle zone da dove dovrebbero arrivare i russi. Stanno arrivando diversi stranieri, ho incrociato dei canadesi professionisti, un russo, un bielorusso, tutti si arruolano armati fino ai denti, e arrivano da tutte le parti per resistere».
I timori per l’arrivo della colonna di mezzi russi
Anche per i giornalisti la situazione è complessa: «La paura, la tensione c’è sempre, tanti anni di esperienza aiutano a tenere sotto controllo la situazione, si lavora tanto e si dorme poco. I viveri scarseggiano, perché sono pochi i negozi aperti e poi – ha chiarito – si va avanti a pane, acqua e poco altro». Quanto a cosa aspettarsi per le prossime ore, Biloslavo ha spiegato che «non posso mettere la mano sul fuoco su cosa accadrà, ma è chiaro che quella colonna di mezzi russi lunga 63 chilometri che sta a 20 chilometri da qua e che sta giungendo qualcosa farà, o tornerà a casa o marcerà su Kiev».